Il suicidio
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, nel mondo ogni anno i suicidi sono un milione, pari ad un tasso di 16 su 100.000.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, nel mondo ogni anno i suicidi sono un milione, pari ad un tasso di 16 su 100.000.
Venire a conoscenza del suicidio di una persona a cui si è legati, è una notizia che scuote profondamente l’animo umano. Oltre al dolore e al senso di impotenza per l’accaduto, il pensiero successivo riguarda il motivo per cui ciò sia potuto accadere.La maggior parte delle persone davanti al suicidio si chiede quale sia stato l’evento precipitante, si interroga cioè sul motivo che ha condotto qualcuno a scegliere di morire. Si cerca di isolare un fatto per semplificare la realtà, di per sé complessa, per farsene una ragione facile e comoda.Le ragioni per cui si arriva a compiere un gesto così estremo sono in realtà complesse e plurimi.
A livello eziologico la condotta suicidaria è determinata da una molteplicità di fattori riassumibili in cinque aree di vulnerabilità: disturbi psichiatrici, disturbi di personalità, elementi genetici e familiari, biologia e fattori psicosociali/ambientali. Le patologie psichiatriche più frequentemente connesse al suicidio sono i disturbi dell’umore maggiore, l’uso di alcool e la schizofrenia, disturbi di personalità in prevalenza borderline o antisociali. Possono contribuire a una condotta suicida anche problemi e gravi malattie fisiche, soprattutto se le condizioni sono altamente invalidanti.
Esistono comunque delle differenze di motivazioni in base all’età del soggetto; per comprenderle è necessario fare riferimento al ciclo vitale della persona e ai compiti evolutivi che si trova ad affrontare. Con “compito evolutivo” si intende l’insieme dei cambiamenti richiesti nelle fasi di passaggio e nei momenti critici dell’adolescenza, della mezza età e della terza età. I compiti evolutivi che emergono durante l’adolescenza sono numerosi e impegnativi: bisogna staccarsi dalla famiglia, definire il senso della propria identità, progettare la propria vita e il proprio futuro, autorealizzarsi, essere nel gruppo, stabilire rapporti di amicizia e amore, assumere un ruolo sociale professionale, prendere parte alla vita sociale e culturale della comunità.
Nella mezza età il compito evolutivo riguarda il bilancio di come si è vissuta la propria vita fino a quel momento, si osserva la differenza tra quelli che erano gli ideali giovanili e quello che si è riusciti a realizzare, si sente il passare del tempo e ci si tende a focalizzare sull’essenziale.
Nella terza età ci si chiede che senso e che valore attribuire alla propria vita, ci si prepara inoltre ad affrontare le perdite, perdite di status professionale e sociale, perdita di persone care, di salute. Ci si avvicina al tema della morte.Questi tre momenti del ciclo vitale di ogni persona richiedono una grande forza, tante energie; il fallimento nel raggiungimento di questi può far emergere un forte senso di inadeguatezza, vergona, perdita di autostima e valore, con conseguente senso di disperazione.
Il fattore età incide anche nella valutazione che si attribuisce al gesto suicida. Le reazioni al suicidio di una persona giovane sono differenti da quelle verso il suicidio di una persona anziana. Ci si sente solitamente più toccati e scossi quando è un giovane a commettere un suicidio; se, invece, è una persona anziana a farlo, specialmente se affetta da qualche malattia, si tende a tollerare di più il gesto e a comprenderlo. Tale differenza può essere spiegata considerando che si tende a identificare nel gesto del giovane un rifiuto alla vita, si avverte maggiormente il senso della perdita; mentre nel suicidio di una persona anziana ci si identifica maggiormente con il suo desiderio di liberazione del dolore e delle sofferenze.
Le espressioni di sofferenza psicologica hanno dei picchi, come l'inizio della primavera, il periodo delle vacanze estive e i periodi di festa.
Tutti questi momenti sono accomunati dal fatto che chi soffre vede aumentare il divario tra il proprio livello di sofferenza e il mondo esterno.
Il Natale, tra tutti questi momenti, è quello che per antonomasia è il periodo simbolo di felicità, di spensieratezza, di bontà, di calore familiare. Fin da bambini impariamo a vivere il Natale come momento di gioia, felicità, in cui bisogna esser felici. Si crea quindi una sorta di paradosso culturalmente appreso nel quale chi già soffre per qualche problema, rischia di sentirsi in colpa per non esser felice quando invece si dovrebbe. La tristezza, oltre che straziante, viene vissuta anche come colpa.
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