Il lavoro analitico

Il fine del lavoro analitico è quello di accrescere nella persona la capacità di vivere e incontrare gli altri su un piano autenticamente personale.

18 OTT 2017 · Tempo di lettura: min.

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Il lavoro analitico

Il fine dell'analisi.

"La psicoterapia è un gioco. Qualora il gioco non sia possibile, allora il lavoro del terapeuta deve essere rivolto a portare il paziente da uno stato di incapacità ad una capacità di giocare" (Winnicott, 1969).

Il mestiere dell'analista, non è un mestiere come gli altri: non si impara, si trasmette. È piuttosto un'arte, che non una scienza. È una maniera di ESSERE nel mondo.

Il fine del lavoro analitico è quello di accrescere nella persona la capacità di vivere e incontrare gli altri su un piano autenticamente personale, senza manipolazioni o illusioni, imparare a provare il piacere di essere se stessi e di sentirsi bene con se stessi e il piacere di amare gli altri per quello che realmente sono; poter costruire rapporti relazionali ed emotivamente intensi.

Si va oltre la remissione dei sintomi per far emergere la presenza positiva di capacità e risorse psicologiche. Tale possibilità include la capacità di realizzare il proprio progetto di vita secondo le proprie reali potenzialità e desideri, di mantenere un senso realistico della propria autostima, di raggiungere una maggiore soddisfazione nell'intimità relazionale e nella sessualità, di comprendere se stessi e gli altri nelle sfumature e in modo più sofisticato, e fronteggiare i cambiamenti della vita con maggiore maturità, libertà e flessibilità.

Spesso si pensa di ricorrere ad un lavoro analitico o ad un percorso di psicoterapia per guarire e liberarsi da un profondo dolore. Tuttavia, le persone che ricorrono ad un aiuto psicologico, sono inconsapevolmente bloccate dalle proprie difese che hanno costruito proprio per difendersi dal dolore. Stanno male proprio perché non riescono a soffrire in modo autentico. Tutti i disturbi psicologici ...e gli atteggiamenti difensivi sono costruiti inconsciamente esclusivamente per evitare l'esperienza del dolore. Si tratta di adulti impegnati ad evitare costantemente un contatto autentico con sé stessi, con le emozioni profonde e, quando costruiscono relazioni sentimentali importanti, cercano di soddisfare bisogni antichi piuttosto che desideri del presente o di evitare vissuti dolorosi piuttosto che vivere una reale intimità. Vivere il dolore significa accettare i propri vuoti, le proprie mancanze e saperci convivere con serenità, senza rabbia, senza angoscia, senza sentirsi vittima di un'ingiustizia e senza speranza di colmare questi vuoti con il proprio partner ma continuando ad amare umilmente sé stessi, gli altri e la vita per ciò che di bello possono ancora sperimentare.

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Scritto da

Dott.ssa Jadranka Lara Saba

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