Il comportamento a rischio degli adolescenti nel periodo del covid-19
La crisi pandemica ha minato la salute mentale di tutti, gli adolescenti in particolare sembrano esser stati le vittime maggiori degli effetti nefasti delle misure di contenimento.
Mai come in questo decennio la Psicologia ha reso omaggio al suo riconoscimento nella comunità scientifica; grazie al suo prezioso contributo è stato infatti possibile avere delle importanti chiavi di lettura e decodifica della complessità e gravità di alcuni fenomeni sociali. La pandemica diffusione del virus Covid-19 è infatti l'evento più sconvolgente e invalidante, che ha messo l'intero mondo in ginocchio, similmente alle epidemie medievali... con la differenza che oggi abbiamo lenti e strumenti con cui non solo contare i morti, ma con cui stimare gli effetti sulla salute psicologica delle persone, spesso più preoccupanti del numero di vittime stesse. L'improrogabile necessità di confinare i cittadini nella propria abitazione per abbassare la curva dei contagi ha messo alla prova la capacità di adattamento di ciascuno; accanto alla limitazione della libertà personale e la necessità di riorganizzazione della routine domestica, il terrorismo psicologico indotto dalle confuse informazioni mediatiche ha reso questo momento storico particolarmente critico per la stabilità sociale e psichica di ognuno.
Tuttavia, va considerato che nella popolazione, gli adolescenti, seppur sono la categoria che ha subito con minor incidenza e gravità l'impatto diretto dell'infezione da SARS-CoV-2, essi sono i più esposti agli effetti indiretti della pandemia. I più giovani, vivendo già un periodo esistenziale particolarmente critico, si sono trovati a dover fronteggiare le misure restrittive con difficoltà amplificate rispetto al resto della popolazione. Le implicazioni psico-sociali della quarantena (declinata in termini di isolamento nelle mura domestiche e deprivazione sociale) hanno sui ragazzi un impatto catastrofico, molto più di quanto gli stessi adulti possono immaginare.
L'ambiente sociale per gli adolescenti è funzionale al loro processo di sviluppo, e se in alcuni casi può essere fattore di rischio, per l'esacerbarsi di comportamenti patologici, in altri è una risorsa grazie al valore protettivo delle buone relazioni. Allo stesso modo, l'accessibilità a dispositivi mediatici vanta l'ambivalenza di essere tanto facilitatrice di connessione con i propri affetti, quanto un deterrente per cadere nell'uso compulsivo degli stessi. Proprio perché la rigidità dell'isolamento vede coinvolti questi importanti ed imprescindibili elementi nella vita dei più giovani, essa può facilmente intaccare il loro benessere psicologico. Le indagini cliniche dell'impatto del lockdown sugli adolescenti in Italia, hanno riportato dati sconcertanti: si è registrato un incremento di comportamenti disfunzionali (Internet Addiction, Condotte Alimentari anomali, abuso di alcol e sostanze psicoattive..) del ben 75%. Come per ogni fenomeno psicologico, cercare una causa lineare che li abbia innescati è forviante e riduttivo, le variabili in gioco sono sempre molteplici ed interdipendenti, inoltre ogni caso va analizzato nella sua peculiarità... va considerato che sono stati comunque individuati dati concordanti e significativi. La misura più drastica e di lunga durata che è stata imposta ai ragazzi è certamente la chiusura delle scuole.
Ora, accanto all' iniziale entusiasmo degli stessi, è necessario porre uno sguardo critico all''altra faccia della medaglia, ossia a tutte le implicazioni socio- affette che tale evento comporta. Amy Orben, Livia Tomova e Sarah- Jane Blakemor in un interessante articolo sottolineano che gli adolescenti, che percepiscono il bisogno di stringere relazioni con i coetanei come vitale, sono inclini a vivere la deprivazione sociale come un evento che impatta drasticamente sulla loro vita psicologica. Se si considera infatti che la scuola prima che un luogo di apprendimento, è una palestra di socializzazione, è chiaro che la sua drastica chiusura ha determinato uno stravolgimento nel modo di concepire la quotidianità dei ragazzi. Essi si sono improvvisamente trovati costretti a restare confinati nelle loro stanze, a condividere con insegnanti e compagni una dimensione virtuale che risultava essere l'unico accesso ad una via d'evasione tanto dalla angosciante solitudine dello schermo, quanto dalla soffocante convivenza familiare. Ecco, occorre soffermarsi con attenzione su quest'ultima riflessione per riuscire a cogliere i fattori scatenanti dei comportamenti disfunzionali registrati tra i giovanissimi. Con l'inizio della quarantena, la scuola ha improvvisato un piano d'intervento per mitigare l'interruzione delle attività in presenza; questa novità ha messo l'intero personale in difficoltà (vista l'esigenza di reinventare il modo d'insegnamento), ma anche gli stessi ragazzi sono passati da un'iniziale spontanea curiosità ad una confusione generale, alimentata dall'unica certezza di dover restare connessi intere ore. La didattica a distanza, è stata la risposta più adeguata a cui ricorrere, ma non bisogna escludere gli effetti nefasti che derivano dalla mancanza di interazioni faccia a faccia e dalla più complessa strutturazione della classe digitale.
Ciò ha limitato l'adattamento e la partecipazione, innescando un malessere e un risentimento in quella fascia di giovani adolescenti già inclini all'abbandono scolastico e familiarizzanti con comportamenti a rischio. In loro, il senso di emarginazione ed esclusione aggiunto al clima di paura, ansia, incertezza hanno rafforzato quei meccanismi di evasione e difesa che sottostanno coping disadattivi (abuso di sostanze e dipendenza da internet). In realtà, bisogna considerare che il rischio di incappare nel perverso mondo di queste compulsioni non si è presentato solo per quella fascia di ragazzi socio-economicamente svantaggiati, ma più in generale per tutti gli adolescenti. Un interessante studio condotto nel Regno Unito, dalla Durham University, ha fatto emergere una schiacciante correlazione tra dipendenza da gioco, uso compulsivo di internet e social media ed elevati punteggi sulle scale della depressione, solitudine, scarsa qualità del sonno e ansia legate alla pandemia da Covid19, nei ragazzi indipendentemente dalla loro estrazione sociale. Questo spiegherebbe l'impennata delle dipendenze durante il blocco della quarantena. La pandemia, con il suo effetto stressogeno ha attecchito sulla vulnerabilità adolescenziale esacerbandone i sintomi d'ansia e depressione, anche a causa dell'isolamento sociale. Tale condizione, affiancata all'accessibilità dei social media, ha favorito il ricorso a strategie di gestione del disagio disfunzionali: un compulsivo uso di mezzi di comunicazione (causa e conseguenza dell'aggravamento della qualità del sonno e del loro stato di salute). Non meno preoccupanti sono i riscontri avuti circa il fenomeno del binge drinking, o quelli relativi allo spettro alimentare. Secondo quanto riferito da un gruppo di ricerca guidata al Burlo dal Dott. Cozzi e al Cattinara dal A. A. Occhipinti, nel periodo appena successivo il lockdown la percentuale di adolescenti ricoverati per intossicazione da alcol e stupefacenti ha raggiunto tassi che fanno seriamente pensare ad una "PANDEMIA SOCIALE".
I ragazzi hanno rischiato la vita più per questo che per il Covid-19. Il significato di questo fenomeno è, come già detto, correlato alle difficoltà emotive e relazionali prodotte dalla costrizione forzata, che hanno favorito un "rimbalzo" di comportamenti a rischio da liberazione delle restrizioni. Indagando tra le possibili motivazioni di questa preoccupante situazione, emerge anche il fattore "convivenza forzata", che le famiglie hanno dovuto affrontare, con il rischio di esasperare dinamiche conflittuali già presenti nel nucleo. Dunque, la repressione di un bisogno vitale per i ragazzi, quale l'intimità dei propri spazi e il limitato accesso a esperienza di vita reale per un periodo così lungo, hanno innescato l'urgenza di ricercare sensazioni forti, estreme, oltre quei soffocanti confini. Così l'alcol e le sostanze psicoattive si sono offerte come scorciatoie plausibili per evadere da una realtà opprimente, non più tollerabile e tornare finalmente a sentirsi parte di un gruppo.
Elemento che rende più critica la situazione attuale è la mancanza della scuola, che è una finestra fondamentale per poter osservare gli adolescenti e intercettare fenomeni di disagio o di vera e propria crisi. Si torna a ribadire il ruolo protettivo che questa esercita nel tutelare e prevenire comportamenti a rischio. In molti casi, specie quando l'intervento della famiglia è interdetto o la stessa è problematica, la scuola è il luogo in cui si manifestano le fragilità, gli scompensi e dove si può fare attività di prevenzione. Nomino la famiglia, poiché l'influsso della pandemia ha profondamente destabilizzato l'azione preventiva che questa dovrebbe esercitare sui ragazzi. I genitori sono stati travolti dal dover riadattare la propria routine, familiarizzare con lo smart working, fronteggiare la fatica, i disturbi del sonno, lo stress... il tutto aggravato dalle incertezze economiche, la perdita del lavoro o compromissione della carriera precaria. Ciò ha reso l'abitazione un luogo poco sereno per gli adolescenti, in nuclei disfunzionali poi, l'impatto della convivenza ha avuto effetti ancor più nefasti. Così si sono impennati i livelli d'ansia dei ragazzi, che già inclini al ricorso di coping disfunzionali hanno trovato rifugio nei social, nel mondo virtuale dei videogiochi, nell'Information Overland o peggio nello stordimento delle sostanze. Mi preme aprire un focus anche sulle condotte alimentari, infatti, secondo uno studio pubblicato sull'International Journal of Eating Disorders, disturbi come Anoressia e Bulimia nelle persone che già ne soffrivano si sono aggravati, confermando un incremento del20% di nuove diagnosi. A.Ogliari, medico e psicologa clinica presso il Centro Disturbi Alimentari dell'IRCGS (Ospedale S. Raffaele di Milano) sottolinea che "la pandemia sembra non solo aver esacerbato casi già noti, ma aver messo in luce un'epidemia di disturbi alimentari, in particolare tra gli adolescenti".
Quali sono stati dunque gli effetti prodotti da questa pandemia sui giovani (spesso giovanissimi) che soffrono di questi disturbi?
Secondo uno studio pubblicato all'Università del Nord Caroline e all'istituto Karolinska di Stoccolma, molti pazienti anoressici hanno ristretto ulteriormente la propria alimentazione, mentre pazienti con bulimia nervosa e binge eating hanno riferito un aumento degli episodi compulsivi. Chiaramente, l'isolamento sociale imposto come misura di contenimento, in persone che tendono già a nascondersi ha contribuito alle ricadute di chi era in cura e al fiorire dei disturbi in coloro che ne soffrivano prima, per diverse ragioni. In primis, la paura del contagio si associa spesso alla sensazione di non aver controllo della situazione, così davanti ad una disregolazione emotiva tanto destabilizzante è più facile che un giovane adolescente si accanisca sull'ossessivo controllo del peso e del corpo.
Complice del particolare momento di stress, è l'invasiva presenza mediatica che facilita una maggiore (quanto pericolosa) concentrazione sull'immagine di sé. I più vulnerabili risultano essere i giovani affetti da Bulimia Nervosa, le ragion i sarebbero legate alla similarità del cibo con qualsiasi altra sostanza (qui un possibile un parallelismo della dipendenza da cibo con le altre condotte di addiction sopra citate): la presenza di abbondanti scorte di viveri in casa, l'ansia generata dal non averne a sufficienza, la convivenza forzata prolungata nel contesto familiare sono deterrenti di un aggravamento di queste psicopatologie.
Piani d'intervento per la salute mentale degli adolescenti
È chiaro dunque che la tutela e la salvaguardia della salute mentale degli adolescenti nello scenario Covid-19 debba ricevere la stessa attenzione che si sta focalizzando sulla ricerca di un vaccino atto a fronteggiare il virus. Le riflessioni di cui sopra, palesano quanto questa delicata fascia della popolazione sia a rischio e un'azzardata superficialità potrebbe portare domani ad un'intera generazione schiacciata dai disagi psichici. Martin Weber, Programme Manager preso l'OMS, in un'intervista sensibilizza alla creazione di programmi di miglioramento della salute mentale degli adolescenti, attuati con una "lente" di genere e mirati a fenomeni specifici. Dovrebbe essere sviluppato e mantenuto un pacchetto di iniziative con approcci volti a incoraggiare il benessere mentale, attraverso l'educazione alla gestione delle capacità cognitive, socioemotive, comportamentali e relazionali. Le politiche dovrebbero promuovere relazioni sociali di supporto sostenendo e potenziando le abilità genitoriali positive e aumentando la sinergia collaborativa degli stessi con la scuola. Ma come agire concretamente? Se attualmente la scuola è proiettata nella virtualità della didattica a distanza, e i mass media sono l'unico mezzo di comunicazione, allora è qui che è necessario intervenire: sfruttando al massimo le potenzialità educative di questi dispositivi. Entrare nelle stanze dei ragazzi che vivono questo spazio come una prigionia e offrire strumenti di sostegno, conforto e strategie funzionali attraverso messaggi e iniziative mediatiche. Gli interventi di promozione alla prevenzione dei comportamenti a rischio dovrebbero essere inseriti tra i programmi della didattica a distanza, coinvolgendo i ragazzi, sollecitandoli a fare rete, distruggendo la sensazione opprimente di isolamento sociale (che si è visto essere causa e conseguenza), del disagio psichico e potenziando al massimo le risorse. È bene ricordare, come la storia insegna, che le pandemie vanno sconfitte sempre su due fronti, quello fisico (del contagio) e quello psichico, della paura.
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