Il cane di Freud
Un breve articolo teso a presentare le terapie che utilizzano gli animali come parte integrante del proprio processo, utilizzando la storia personale e professionale del grande Sigmund Freud
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Quando si pensa al padre della psicoanalisi a lavoro nel suo studio viennese l'immagine che viene alla mente è chiara: il paziente steso sul lettino e alle sue spalle Freud che ne ascolta i sogni e le preoccupazioni. In realtà, però, un elemento sfugge alla nostra osservazione: ai piedi di Freud è accucciata silenziosamente Jo-Fi, la sua fedele femmina di chow-chow.
Lo psicoanalista non doveva nemmeno preoccuparsi di controllare l'orologio durante la seduta, gli bastava tenere d'occhio Jo-Fi che, immancabilmente, al termine del tempo stabilito si alzava sbadigliando e guardando il suo padrone. Questo era il livello di simbiosi che intercorreva fra i due. Eppure, nel nostro immaginario, l'animale non ha alcuna connessione con la scienza o con la terapia.
Chiunque possieda un animale domestico sa quanto la sua presenza sia significativa ed insostituibile, e quanto sia forte il legame che si instaura fra l'uomo e l'animale nel corso del tempo. Nonostante questo, risulta comunque difficile ai più associare la terapia, intesa come un insieme di pratiche volte al miglioramento della qualità della vita della persona, con gli animali, in quanto questi ultimi sembrano l'antitesi della scienza cui siamo attualmente abituati.
Nella scienza moderna, infatti, l'animale è descritto quasi come una macchina, un po' come la complessità del corpo umano è ridotta ad un assemblaggio di organi.
L'animale, invece, può essere riscoperto nella sua interezza, come una creatura che non solo prova emozioni e sentimenti ma che ne suscita, ed ha delle caratteristiche che universalmente possono essere riconosciute come terapeutiche.
L'animale infatti non giudica, ma si limita a sentire e a fornire risposte consequenziali agli input che riceve, analizzando le intenzioni e l'energia che proviene dalle persone. Utilizzare gli animali, specialmente cani e cavalli, in riabilitazione, porta a risultati sorprendenti nella cura di molte patologie, sia di natura prevalentemente motoria che psichiatrica o relazionale.
Per quanto riguarda la sfera psichica, negli anni si sono ottenuti grandi miglioramenti nel trattamento dell'autismo, delle psicosi, dei disturbi del comportamento alimentare, del deficit di attenzione e di iperattività, del ritardo mentale, delle condotte devianti, della depressione e dell'ansia con l'utilizzo degli animali.
Nonostante questo, solo ultimamente le terapie che utilizzano l'animale come parte integrante del processo terapeutico sono guardate con meno sospetto da molti professionisti della salute mentale, anche se molta è a strada da percorrere.
A tutte le obiezioni sul valore terapeutico degli animali, sicuramente Freud potrebbe rispondere nel migliore dei modi, citando il loro "affetto privo di qualsiasi ambivalenza" e la loro ricchezza nel condurre "una vita semplice, libera dai conflitti della civiltà, che li porta a sperimentare un'esistenza perfetta in se stessa."
Esiste un esempio più terapeutico?
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