Giovani e gioco d'azzardo patologico: come riconoscerlo e affrontare il problema?
Sono passati ormai alcuni anni da quando ha iniziato a prendere forma una logica di dipendenza sempre più comune tra i giovani: il gioco ludico patologico. Ma come riconoscerlo e come gestirlo da genitore?
Da qualche anno sta prendendo forma una dipendenza sempre più diffusa tra i giovani: il gioco d'azzardo compulsivo.
È normale, i tempi cambiano e le abitudini cambiano. Infatti, fino a qualche anno fa, la forma di dipendenza che più preoccupava i genitori era senza dubbio la cannabis. Il gioco d'azzardo patologico e i videogiochi sembrano essere diventati un principio della vita umana, che ricorre in modo diverso nelle diverse società e la cui funzione ludica si adatta a tutte le forme culturali, spesso come distrazione o come puro divertimento, come azzardo o come provocazione.
Gli adolescenti ammirano l'adrenalina del gioco in sé e la possibilità di accedere a un altro mondo in cui lasciare e dimenticare temporaneamente tutti i problemi quotidiani.
Non va trascurato, però, che il gioco ha anche un ruolo fondamentale nella crescita e nella delineazione dell'identità personale e collettiva, rappresentando addirittura un modo per simulare e ricreare potenzialità e regole da applicare nella vita quotidiana, utili per affrontare il mondo degli adulti.
E questa moda sta coinvolgendo anche l'Italia: nel nostro Paese è stato stimato che ci sono circa 2 milioni di persone a rischio di gioco d'azzardo patologico, insieme all'abbassamento dell'età di chi inizia a giocare. Anche nel nostro Paese si registra una forte popolarità delle macchine da gioco di ultima generazione, e le stime indicano che l'Italia detiene il 23% del mercato mondiale del gioco online.
Quando il gioco d'azzardo è un problema per i giovani?
Occorre però fare una distinzione per evitare equivoci ed eccessivi allarmismi: non tutti i giocatori problematici sono giocatori "patologici". Sebbene si parli di gioco d'azzardo compulsivo fin dall'inizio del secolo scorso, solo negli anni '80, nella terza versione del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (noto come DSM, giunto alla quinta revisione), è stato definitivamente riconosciuto come una vera e propria patologia che richiede un trattamento e un intervento.
L'adolescenza è una fase difficile da definire clinicamente, si potrebbe quasi dire "di confine", contraddistinta da una debolezza comune, durante la quale si cerca spesso un sostegno o una protezione esterna per compensare l'assenza di spiegazioni e di potere intrinseco. Nell'adolescenza si passa dallo stato di bambino a quello di adulto, e a tal fine è obbligatorio mettersi alla prova, esporsi per sfidare il mondo.
Gli schemi adottati fino a quel momento vengono naturalmente sostituiti, quindi si cercano nuovi equilibri emotivi e cognitivi in modi diversi, a volte disfunzionali o addirittura rischiosi.
Tra queste, la dipendenza dal gioco d'azzardo è un rischio potenziale, rispetto al quale gli adulti di riferimento sono talvolta inesperti. È difficile, sia per i genitori che per gli insegnanti, individuare i primi segnali di rischio, poiché il giocatore agisce da solo, senza condividere con nessuno i suoi successi o i suoi insuccessi.
Come possiamo intervenire?
Bisogna tenere conto anche della facilità di accesso al gioco d'azzardo. I segnali di allarme possono essere, ad esempio, la scolarizzazione, la disciplina abituale nelle situazioni più quotidiane, i comportamenti anomali frequenti e prolungati, nonché la scarsa considerazione del denaro.
Al giorno d'oggi, la tendenza al gioco d'azzardo è sempre in aumento, motivo per cui è necessario un vero e proprio intervento dalla famiglia al clinico, visto l'aumento inarrestabile di giovani che sviluppano una dipendenza dal gioco d'azzardo, al fine di sostenere un'adeguata informazione sull'argomento che permetta un intervento sincrono, prima che questo comportamento passi da essere sporadico a diventare un disturbo più profondo.
Da un punto di vista psicologico, il gioco d'azzardo patologico è un vero e proprio segnale che evidenzia un disturbo o un disagio nel soggetto.
È necessario, quindi, un intervento che non si limiti a reprimere il disturbo stesso, ma che lavori gradualmente per comprendere il significato e l'opportuno beneficio che si cela dietro questo atteggiamento, per evitare che, una volta soppressa la rilevanza del gioco, si formi una nuova patologia altrettanto psicotica.
Il gioco diventa così il motivo della vita del soggetto: il gioco è uno strumento utilizzato per sperimentare l'indipendenza, la fantasia, l'acquisizione di regole e funzioni, abbandonando momentaneamente la logica concreta del mondo reale.
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