Esperienze metacognitive ed ansia
L'articolo indaga i meccanismi che innescano e mantengono il circolo invalidante dei disturbi d'ansia generalizzata secondo una prospettiva Metacognitiva.
Abbiamo sempre considerato l'ansia, i disturbi di panico ed umore depresso derivare da distorsioni cognitive (generalizzazione, pensiero catastrofico, pensiero dicotomico ecc...).
È ampiamente dimostrato, da diversi anni, che il principale problema non è rappresentato dai nostri pensieri e dai contenuti degli stessi, quanto piuttosto dal modo in cui noi reagiamo a questi pensieri. Tutti, nella nostra vita andiamo incontro a pensieri irrazionali, pensieri intrusivi, ossessivi, pensieri con i quali ci svalutiamo, ci critichiamo, ci preoccupiamo e ci creiamo anticipazioni negative del futuro e del nostro essere o meno all'altezza di una situazione.
Ogni persona a fronte di esperienze passate acquisisce dei modelli di lettura di sé, del mondo e delle relazioni. Immagazziniamo una sorta di credenze metacognitive che possono crearci problemi.
Esempio: se mi preoccupo sarò preparato, se mi focalizzo sul pericolo riuscirò a proteggermi. Devo controllare i miei pensieri o farò qualcosa di sbagliato; oppure preoccuparmi mi può danneggiare, i pensieri negativi hanno il potere di farmi fare cose brutte, se credo/penso di essere in pericolo allora lo sono davvero.
Tutte queste credenze sono basate sulla convinzione errata che ciò che è pensiero corrisponde alla realtà come se il fatto di credere che la preoccupazione danneggerà il mio corpo corrisponda alla realtà; ossia il mio corpo sarà danneggiato.
Esempio: se sono convinto che preoccuparmi mi aituerà a tenere tutto sotto controllo e a non sbagliare, allora inizierò a rimuginare a cercare di anticipare situazioni e cercare soluzioni.
Nel grafico che segue, illustro come, reagendo ad un pensiero negativo, rischiamo di innescare un circolo fobico, aumentando il senso di ansia e tensione fino a sperimentare panico e perdita di controllo.
Dal grafico su esposto, tratto da Wells A. (2013, 103), si può notare come la persona con disturbo d'ansia di fronte ad uno stimolo interno (sensazione, emozione) o esterno (situazionale), entra in contatto con un pensiero intrusivo (fattore scatenante). A questo punto inizia a reagire a tale pensiero in un modo che andra' a rafforzare la sensazione di preoccupazione. Prima di tutto fa ricorso ad una sua credenza, secondo la quale preoccuparsi puo' aiutarlo ad organizzarsi (metacognizione positiva attivata) e quindi riuscire a gestire il fine settimana (evento temuto).
A questo punto attiva il rimuginio (preoccupazione tipo 1) iniziando ad anticipare problemi e immaginando soluzioni a queste.
Man mano che nella sua mente si affollano tali dubbi e possibili scenari negativi, la persona sperimentera' un aumento dell'attivazione psicofisiologica, sentendosi ancora piu' teso, confuso, sull'orlo di perdere il controllo (metacognizione negativa attivata). In questa fase inizia a convincersi che non puo' controllare la preoccupazione crescente e che questa potrebbe danneggiarlo (preoccupazione di tipo 2).
Nella fase finale la persona riterrà indispensabile agire, mettere in atto dei comportamenti quali evitare la situazione, o utilizzare comportamenti impulsivi o di evitamento (strategie di coping). Tutte queste strategie di coping risulteranno non efficaci nel lenire la preoccupazione e l'ansia; al contrario rinforzeranno sia la sensazione di dover continuare a preoccuparsi, sia la sensazione di perdita di controllo.
Da numerosissimi studi si evince che quello che ci può aiutare a contrastare sensazioni di panico, perdita di controllo, bassa autostima, depressione, autocritica eccessiva e rimuginio è una nuova modalità di interagire con i nostri processi mentali.
Per uscire da questo circolo vizioso che alimenta il meccanismo ansiogeno è necessario acquisire delle strategie che ci permettono di gestire i nostri pensieri considerandoli come processi mentali passeggeri, passare cioe' da un modo "oggetto" ad un modo metacognitivo.
Nel primo, il pensiero è sovrapposto alla realtà, nel secondo è trattato per quello che è, un processo mentale non in grado di autodeterminare la realtà.
Una pratica che ad oggi si sta diffondendo e che ha avuto l'approvazione del mondo scientifico e delle neuroscienze è' la Mindfulness di cui parlerò nel prossimo articolo.
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