Emotiva-mente

Le emozioni cosa sono? Come funzionano? È possibile gestirle? Dobbiamo temerle? Di questo e molto altro ancora si parla nell'articolo.

15 SET 2020 · Tempo di lettura: min.
Emotiva-mente

Un elemento comune a molti studiosi di orientamenti differenti è quello di aver riconosciuto una funzione "adattiva" alle "emozioni". Adattiva significa che consente la sopravvivenza della specie nel tempo e nelle diverse situazioni di vita che si vengono a creare.

Le emozioni sono dunque una dotazione necessaria alla sopravvivenza, un po' come il contenuto dello zaino di un escursionista.

Cosa sono?

Le emozioni sono esperienze soggettive complesse di risposta a stimoli interni o esterni, accompagnate da modificazioni a livello fisiologico, cognitivo, espressivo e comportamentale.

Quali emozioni consociamo?

Le emozioni primarie riscontrabili in ogni popolazione sono: la rabbia, la paura, la tristezza, la gioia e il disgusto. Ognuna di esse, come si diceva, svolge una funzione adattiva per cui è necessaria alla sopravvivenza.

Emisfero destro - emisfero sinistro; cervello rettiliano cervello - evoluto

Questo breve preambolo ci aiuta a comprendere come il nostro cervello, composto da molteplici componenti diversamente specializzate, è organizzato in due emisferi: quello di sinistra che consente di pensare in modo logico e di organizzare i pensieri in frasi e quello di destra che ci aiuta a provare emozioni e a comprendere il linguaggio non verbale.

Inoltre, siamo dotati di un cervello primitivo detto "rettiliano" (in comune con i rettili) che ci consente di agire istintivamente e di prendere decisioni rapide necessarie alla sopravvivenza e un cervello evoluto che ci porta a riflettere, a considerare il punto di vista dell'altro, a stringere relazioni e legami.

Le diverse parti del cervello necessitano, per lavorare in modo efficace, di essere integrate tra di loro.

Nel caso specifico è necessaria l'integrazione orizzontale tra la logica dell'emisfero sinistro e l'emotività dell'emisfero destro e l'integrazione verticale tra il cervello primitivo istintivo e il cervello evoluto riflessivo.

Integrazione orizzontale: emisfero destro-emisfero sinistro

Gli emisferi destro e sinistro sono collegati dal un fascio di fibre nervose chiamato "corpo calloso" che consente ai due emisferi di lavorare in sinergia.

Ma cosa accade se avviene uno squilibrio tra i due emisferi e quindi uno prevale sull'altro?

Quando i due emisferi non sono integrati significa che stiamo affrontando le esperienze della vita con una parte delle nostre capacità. Un po' come camminare con una sola gamba. Proviamo a pensare di essere in balia dell'emisfero destro e quindi che le emozioni, necessarie per vivere una vita ricca di significato, prendano il sopravvento. Nel giro di poco saremmo sommersi da immagini e sensazioni corporee molto intense, come essere travolti da "un fiume in piena".

Al lato opposto se pensiamo di essere in balia dell'emisfero sinistro, quindi dominati dalla logica e dal linguaggio, ci troveremmo in una sorta di "arido deserto emotivo".

Quando proviamo emozioni intense, forti e anche spaventose, abbiamo bisogno di dare loro un nome, di metterle in ordine, di attribuirgli un significato e per queste operazioni è necessario l'intervento razionale dell'emisfero sinistro. In questa situazione specifica un aiuto concreto e valido, adoperabile da tutti fin da subito, è la verbalizzazione di quanto accaduto.

Per i bambini la verbalizzazione diventa uno strumento utilissimo e il contributo del genitore sarà quello di consentire una libera narrazione senza l'intervento della logica razionale dell'adulto. Per gli adolescenti e gli adulti è utile tenere un diario in cui scrivere gli avvenimenti inerti agli effetti del "fiume in piena".

Quando invece ci si trova nell'arido deserto emotivo il rischio è quello di prendere tutto alla lettera, di diventare rigidi rispetto ai propri pensieri, opinioni e comportamenti e quindi di perdere la visione d'insieme.

In questa situazione è utile entrare in contatto lentamente con le proprie emozioni, imparando a non temerle, ma questo non si può fare attraverso un processo che poggia le sue basi nuovamente sul razionale. Occorre invece portare il cervello razionale a distrarsi attraverso il corpo.

Razionalmente si può preparare una scaletta di appuntamenti come ad esempio: mezz'ora di ginnastica, 10 minuti di ascolto musicale, una partita ad un gioco, impastare un dolce, una pizza ecc.

Esperienze che contribuiscono a spezzare la catena, ad ascoltarsi senza esser concentrati a farlo. Come direbbe il professor Nardone: si tratta di "solcare il mare all'insaputa del cielo".

Integrazione verticale: cervello rettiliano – cervello evoluto

Immaginiamo il cervello come una casa con piano terra e piano primo.

Al piano terra troviamo il cervello rettiliano con tutte le sue strutture deputate all'espletamento di funzioni di base come il respirare, il battito delle palpebre; reazioni e impulsi innati come attaccare o scappare in caso di pericolo; percepire emozioni intense come la paura e la rabbia.

Al piano di sopra troviamo il cervello evoluto con tutte le sue strutture deputate: alla capacità di decidere, di pianificare, di controllare, di comprendere se stessi, di empatia, di moralità.

Blackout

Tra le strutture del piano terra una è particolarmente interessante, si chiama "amigdala", si tratta di uno elemento a forma di mandorla che svolge il ruolo di "sentinella".

Cosa fa una sentinella? Sorveglia, fa la guardia. Significa che è in allerta continua per ravvisare eventuali pericoli.

Facciamo un esempio: è una calda giornata estiva e siete appena arrivati in piscina con tanto di zainetto e borsa termica per trascorrere una piacevole giornata. Vostro figlio di 2 anni corre come un fulmine verso la piscina olimpionica, si butta dentro.

Voi cosa fate? Siete ancora vestiti (chiaro solo maglietta e pantaloncini), avevate appena appoggiato l'attrezzatura sul verde prato. La risposta credo sia unanime: corro come mai ho fatto prima e mi tuffo.

Ebbene, questa è la reazione del cervello primitivo che ha consentito di salvare la pelle a vostro figlio. Lo stesso meccanismo scatterebbe anche in presenza di un estraneo. Ma cosa è accaduto?

In situazioni di pericolo il corpo si attiva per salvarci. Nello specifico l'amigdala, nel suo ruolo di sentinella, ha avvertito il pericolo, ha fatto suonare l'allarme rosso e questo ha consentito di scollegare il piano terra della nostra casa-cervello, con il primo piano, significa che ha provocato un blackout necessario a fare in modo che il cervello evoluto non intervenisse.

Al contrario cosa sarebbe accaduto?

Banalmente che il cervello evoluto avrebbe ponderato la decisione e sicuramente il solo fatto di tuffarsi vestiti non sarebbe stato di suo gradimento questo avrebbe, a cascata, generato una preziosa perdita di minuti fondamentali per salvare una vita umana.

La parte istintiva legata al cervello primitivo doveva agire da sola, ecco quindi che il piano superiore è stato posto momentaneamente in isolamento. Ora, forse, si comprenderanno meglio le espressioni di saggezza popolare come: ha il cervello in pappa, è in blackout, è andato in corto circuito.

Quando dinnanzi ad un pericolo siamo in preda ad emozioni viscerali potenti quali la paura e la rabbia è necessario, per la sopravvivenza, che si attivi il piano di sotto della casa scollegando il piano di sopra.

Un punto fondamentale da sottolineare è che il nostro cervello non è in grado di distinguere tra pericolo "reale" e pericolo "immaginario" frutto cioè della nostra elaborazione mentale.

Alla presenza di un pericolo frutto della mente si eleva lo stato di allerta, tradotto in ansia, senza più la capacità di controllo su di esso.

Tra l'altro lo stato "allerta" verso un pericolo reale o presunto attiva tutta una serie di reazioni fisiologiche a carico del corpo che consentono di poter esperire la naturale reazione di fuga e/o attacco (esempio della piscina) nelle situazioni di pericolo.

Significa che si attiva il sistema nervoso simpatico (fa parte del sistema nervoso autonomo) che consente, ad esempio, di far entrare in circolo una maggior quantità di cortisolo, ormone essenziale per l'adattamento allo stress, di far aumentare il sangue a livello muscolare, di attivare una migliore visione oculare (dilatazione delle pupille) e tutta un'altra serie di reazioni necessarie al pronto intervento di tutto il corpo nella reazione di fuga/attacco.

Successivamente interviene il sistema nervoso parasimpatico che consente di riportare un equilibrio rispetto alle reazioni innescate ad opera del sistema simpatico.

Quando però il piano terra del cervello si attiva rispetto ad un pericolo non reale, ma frutto dei propri pensieri, il corpo non trova il giusto "sfogo" a cui si era preparato.

Un modo per ritrovare l'integrazione tra piano terra e primo piano è quello di consentire al corpo di scaricare la tensione accumulata attraverso ad esempio l'attività motoria.

Bastano pochi minuti, come ad esempio percorrere 20 volte la rampa di una scala, per cominciare ad integrare la parte del cervello rettiliano con il cervello evoluto. Integrare parte destra e sinistra del cervello come pure cervello primitivo ed evoluto si sostanziano a livello pratico nel fare "esperienza".

La plasticità neuronale

Un concetto estremamente affascinante messo in luce anche dal contributo delle nuove tecniche di neuroimaging (Tomografia ad emissione di positroni -PET, Risonanza magnetica funzionale fMRI) è quello di plasticità neurale.

Dall'infanzia fino alla vecchiaia le esperienze di vita determinano l'attivazione dei neuroni -le cellule cerebrali- ovvero la loro "eccitazione" elettrica.

Nel cervello ci sono cento miliardi di neuroni, ciascuno dei quali ha in media diecimila connessioni con altri neuroni, la natura della nostra attività mentale, dalla percezione visiva e uditiva fino al ragionamento e al pensiero astratto, dipende dalle modalità di attivazione di determinati circuiti cerebrali.

Fra i neuroni che si attivano contemporaneamente si formano nuovi collegamenti, i quali portano ad un "ricablaggio" del cervello, ossia una riorganizzazione delle connessioni cerebrali.

Pertanto, le esperienze che si fanno nel corso dei vari eventi e situazioni di vita consentono di modificare le connessioni tra i neuroni e determinano la reale possibilità di stare meglio e di non essere prigionieri del modo di funzionare del cervello in un determinato momento.

Questo fenomeno noto con il nome di plasticità neurale, la cui base poggia sull'esperienza, consente di favorire uno sviluppo del cervello adeguatamente integrato e di offrire "resilienza" ossia la capacità di resistere e di riprendersi da una crisi o da condizioni di difficoltà.

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Scritto da

Dott.ssa Maria-Francesca D'amico

Bibliografia

  • Psicologia Generale: Luigi Maria Anolli e Paolo Legrenzi
  • La mente adolescente: Daniel J. Siegel

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