Dsa: miti, estri, possibilita
Disturbi Specifici dell'Apprendimento: cosa sono? Come si può intervenire? Un articolo per ribaltare falsi miti e vedere questi disturbi in un'ottica del tutto diversa.
Da qualche anno a scuola non si parla d'altro: i Disturbi Specifici dell'Apprendimento.
Tanti i bambini che oggi vengono "etichettati" come Ds: un acronimo, una diagnosi diventa il loro secondo nome.
«Una volta, mica c'erano i dislessici», si sente dire.
Eppure quanti di noi, se i Dsa fossero stati noti una quarantina d'anni fa, saremmo stati diagnosticati così. Eravamo quelli de: "il bambino è svogliato", "non si applica", "può fare di più".
Sfatiamo il primo mito: la dislessia esiste da sempre
Ad un occhio attento, li noti i DSA adulti. Li vedi smarriti nei centri commerciali, fuori tempo in pista da ballo, mentre sfogliano il giornale verso destra: nessuno aveva diagnosticato loro alcun disturbo in infanzia, le uniche dispense che ricevevano erano dalla cena, in punizione dopo il colloquio con la maestra!
I dislessici non trattati sono oggi sani e salvi, insomma. Alcuni hanno addirittura sviluppato estri e doti straordinarie, diventando famosi come Albert Einstein, Mozart e Vincent Van Gogh.
Smentiamoquindi un secondo mito: il Dsa non è una malattia e ci si convive.
Ciò che fa la differenza è "come" ci si convive.
Se chiedessimo agli adulti dislessici come hanno vissuto i loro anni scolastici, probabilmente risponderebbero che non è stata una passeggiata di salute. Anni di fatiche, di frustrazione, di isolamento, di incomprensione.
Terzo falso mito: il Dsa non è un "problemino scolastico" da sottovalutare, ma è una sindrome che crea disagio, in diversi aspetti: a scuola, nello sport, nel gioco di squadra, nell'orientamento spazio-temporale, nella memoria, nell'organizzazione del pensiero.
E allora il dislessico è spacciato? No, abbattiamo il quarto mito.
Migliorare si può
La dicitura "Disturbo dell'Apprendimento" è fuorviante: il problema non è nell'apprendere, ma nell'esercizio della funzione appresa.
E allora, migliorare si può: è necessario esercitare la funzione, allenare le capacità.
Uno sportivo impossibilitato ad allenarsi per molto tempo, cosa farebbe per recuperare il tono dei suoi muscoli impigriti? Si piazzerebbe sul divano, oppure si allenerebbe giorno dopo giorno?
Ecco, parliamo del "mettersi sul divano", parliamo degli strumenti dispensativi e compensativi.
Ridimensioniamo il mito che il bambino dislessico debba necessariamenteavere sempre degli ausili. Ci sono momenti in cui va bene disporre di strumenti: sono le valutazioni, gli esami. Qui la difficoltà primaria non deve inficiare una prestazione tesa a valutare l'acquisizione di argomenti didattici.
Ma se ogni giorno c'è qualcuno che legge per me, se ho sempre a disposizione una calcolatrice sul tavolo, se posso scrivere col pc anziché con la penna… Sarò mai bravo a leggere, calcolare, scrivere?
E poi essere sempre quello con il compito diverso dagli altri, l'unico con il dispositivo sul tavolo, quello dispensato dal leggere, non vi rimanda a un'idea di impotenza, di frustrazione, di irrimediabile incapacità?
Smascheriamo un ultimo mito: il bambino con Dsa non è un bimbo stupido, che preferisce "non fare" rispetto al "fare male". È piuttosto un bambino molto più sensibile degli altri rispetto alle sue capacità, un bambino che misura il valore di se stesso in base ai giudizi che riceve.
E allora, costruiamo nuovi miti.
Smettiamo di chiamarlo "bambino Dsa" e diamogli un nome proprio: è Giulio, è Laura.
Vediamolo nella sua personalità, impariamo a conoscerlo. Sicuramente ha un estro o una capacità brillante che ci stupirà. Sproniamolo a fare e ad allenarsi, convinciamolo che può migliorare. Lodiamo i suoi successi e sosteniamolo nell'acquisizione di strategie per funzionare meglio. Giochiamo con lui a morra, facciamoci raccontare un film, leggiamo i cartelloni pubblicitari mentre siamo in auto.
Dsa può essere un acronimo che non riguarda i nostri figli, ma noi genitori, insegnanti, educatori.
D.S.A. come un messaggio che dice: Devi Semplicemente Ascoltarlo.
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