Dislessia: alcune domande comuni

Rispondo ad alcune comuni domande in materia di dislessia. Nonostante se ne parli molto, le famiglie che cercano aiuto hanno spesso gli stessi dubbi.

30 OTT 2018 · Ultima modifica: 31 OTT 2018 · Tempo di lettura: min.
Dislessia: alcune domande comuni

In due articoli precedenti ho spiegato come si manifesta la dislessia, e quali sono le domande da porsi per sapere se il disturbo del proprio figlio/a è proprio questo o no. Esse sono denominate criteri di inclusione e di esclusione.

Vediamo invece alcune domande comuni che le famiglie pongono spesso.

Perché si parla di disturbo specifico di apprendimento?

Perché riguarda appunto un campo specifico e circoscritto, ovvero lettura, scrittura, o calcolo. Non è un ritardo cognitivo o una lentezza su tutti gli apprendimenti, ma riguarda un ambito preciso, come ad esempio la lettura.

Perché si sente dire spesso che la dislessia è una caratteristica del soggetto? E' invalso questo termine per evitare di stigmatizzare il soggetto con il termine disturbo. La dislessia ha una base neurobiologica, ovvero essa risiede nel funzionamento del sistema nervoso.

Le componenti ambientali e psicologiche non possono causarla.

Parlare di caratteristica, inoltre, favorisce l'utilizzo di tecniche didattiche e pedagogiche personalizzate, al fine di aiutare questi soggetti. Questi bambini/e spesso hanno un disagio perché si sentono diversi.

Qual è la differenza tra disgrafia e disortografia? Il soggetto disortografico compie un numero di errori di ortografia estremamente elevato, e spesso è anche dislessico.

La disgrafia, invece, è meno comune: il bambino ha difficoltà a scrivere in modo leggibile (anche per sé stesso) anche alla fine dei primi due anni di scuola elementare. La forma delle lettere e delle parole è compromessa.

Cosa significa che la dislessia è in comorbilità (o comorbidità) con un altro problema? Questa brutta parola è copiata dal linguaggio medico. A mio modesto avviso noi psicologi non dovremmo riempirci la bocca di termini medici, ma tant'è!

Comorbilità significa che sono presenti uno o più disturbi oltre quello principale. Per esempio la dislessia è spesso in comorbilità con la disortografia o il disturbo di attenzione. E' come dire che ci sono due problemi di salute contemporaneamente, parlando con un linguaggio medico. Ma abbiamo appena detto che è preferibile non stigmatizzare i bambini, quindi questo linguaggio dovrebbe essere evitato. Anche perché è una nostra classificazione (che fa comodo a noi!) parlare di doppio disturbo o doppia diagnosi. Ma chi ha detto che veramente nel cervello ci sono due problemi e non uno solo, che però si manifesta con più sintomi? Ma queste sono speculazioni che poco interessano i genitori.

Dislessia: sono più i maschi delle femmine? Senza dubbio. Più del doppio, per l'esattezza circa 2,5 maschi per ogni femmina, secondo molte ricerche.

I DSA sono ereditari? Purtroppo sì. Circa il 70% dei genitori di un bambino dislessico presentava un disturbo dell'apprendimento. Ciò conferma l'origine in gran parte genetica e neurobiologica del problema.

Tuttavia i DSA possono essere modulati, (ovvero migliorati o peggiorati) da condizioni ambientali? Senz'altro. L'evoluzione del problema può essere molto migliore se i genitori sono di buona cultura, e sopratutto sono attenti e premurosi nell'aiutare i loro figli, sia personalmente che con l'aiuto di un esperto.

Quando si può diagnosticare con certezza un DSA? Le linee guida ministeriali indicano la fine della seconda classe elementare per la lettura, ed addirittura la terza per la discalculia. Io credo però che uno specialista possa, con buona sicurezza, evidenziare molto prima numerosi problemi.

E' bene attivare un percorso di trattamento anche prima della diagnosi? Assolutamente sì. Prima si interviene, maggiori sono le probabilità che il disturbo si riduca.

Dopo i 10 anni è inutile trattare la dislessia? Purtroppo dopo i 10-11 anni il disturbo è molto resistente al trattamento. Però possiamo insegnare al soggetto un metodo di studio più efficiente, che usi l'ascolto e le immagini più della lettura.

Il dislessico/a aveva difficoltà di apprendimento del linguaggio? Quasi sempre. Questo è un grosso discorso che esula da queste note. Sicuramente le difficoltà di imparare a parlare o la povertà lessicale sono un campanello di allarme.

La dislessia è curabile? La domanda è mal posta. Diciamo che quasi sempre può migliorare molto. E' probabile, tuttavia, che persisterà una certa lentezza nella lettura.

Cos'è il potenziamento? E' la terapia specifica per la dislessia e gli altri DSA. Deve essere condotta da uno specialista. Uno psicologo non può conoscere il trattamento e gli strumenti idonei (cartacei, software, esercizi) per trattare il problema se non ha seguito Corsi specifici o addirittura un master universitario.

Una psicoterapia è utile? Purtroppo no. Può essere un aiuto per la gestione delle emozioni negative e per l'autostima, che spesso in questi soggetti è bassa. Ma non migliora assolutamente la dislessia. Vi raccomando di rivolgervi ad uno psicologo/a perfezionato in DSA.

Dispiace dire che, fino a non molto tempo fa, ci sono state molte figure professionali (non solo psicologi, ma anche educatori e altro) che hanno trattato la dislessia e gli altri DSA con assoluta incompetenza, facendo perdere tempo e soldi alle famiglie.

Come si svolge il trattamento dei DSA? Tipicamente la famiglia vede lo specialista una volta la settimana, o ogni 15 giorni. Ma il bambino dovrà svolgere gli esercizi assegnati a giorni alterni, per almeno una mezz'ora. Se i genitori non hanno tempo di aiutare il bambino, possono portarlo dal clinico, che lo seguirà nello svolgimento degli esercizi anche più di una volta alla settimana.

Qual è il costo del trattamento? Spesso meno di una psicoterapia. Personalmente vengo molto incontro alle famiglie.

Quanto dura il trattamento? E' conveniente ogni due o tre mesi fare una pausa, per esempio in concomitanza delle vacanze natalizie o estive. Dopo un anno, o tre cicli, si dovrebbe raggiungere un buon miglioramento.

Quanto aiuta un buon trattamento? Spesso permette di avere in due o tre mesi lo stesso miglioramento che si avrebbe dopo un intero anno di scuola o più.

Ma allora il bambino migliora anche senza trattamento? Con molta difficoltà. In ogni caso resta indietro rispetto agli altri compagni, si sente stanco e spesso diventa demotivato.

Ma i genitori o gli insegnanti dovrebbero utilizzare un metodo di studio diverso? Assolutamente sì. Su questo torneremo in un prossimo articolo.

Sono utili lunghe lezioni al bambino? Per niente. Questi soggetti hanno capacità di attenzione e memoria limitate. Sono più utili brevi sessioni di potenziamento (mezz'ora circa) ripetute più volte alla settimana.

Dimenticavo. E' conveniente rivolgersi ai Servizi neuropsichiatrici del Sistema sanitario nazionale per la diagnosi? (Le ASL non erogano la terapia dei DSA). Assolutamente sì! Solo con una certificazione, rilasciata da una struttura accreditata, la scuola può erogare gli strumenti detti "compensativi e dispensativi". Che cosa sono? Ne parliamo in un prossimo articolo.

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Scritto da

Dott. Leopoldo Tacchini

Psicologo clinico, ad orientamento cognitivo - comportamentale. È perfezionato in neuropsicologia, naturopatia, metodo Tomatis, tecniche psico-corporee. Tratta ansia, insonnia, disturbi psicosomatici, depressione, benessere psicofisico. Bambini: disturbi DSA e del comportamento, ritardo cognitivo, ADHD, disturbi del linguaggio e comunicazione, bambini in adozione ed affido.

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