Corro, corro: non riesco a fermarmi

Alcune persone vivono correndo. Hanno molte cose da fare, spesso molte persone di cui occuparsi. Al punto che finiscono per occuparsi di chiunque, tranne che di se stessi...

3 SET 2019 · Tempo di lettura: min.
Corro, corro: non riesco a fermarmi

La necessità di fare tutto e farlo in fretta può ben sembrare una caratteristica saliente della società moderna. In effetti, nell'arco di una giornata, molte persone devono, e sottolineo devono perché nessuno lo farà al posto loro, svolgere una serie di mansioni. Tra le quali, lavorare; c'è anche la necessità di occuparsi di molte altre cose oltre alle ore di lavoro, come fare la spesa, portare o riprendere bimbi da scuola, occuparsi di genitori anziani, gestire la contabilità, andare dal dentista, portare fuori il cane.

Poco ha a che fare, tutto ciò, con aspetti psicologici, parrebbe. Tuttavia, al netto delle richieste della vita quotidiana, che sarebbe bello poter alleggerire, invito a riflettere su quello che noi sentiamo di dover fare.

Se spostiamo l'argomento al livello psicologico, ed analizziamo non solo le nostre priorità, ma proprio le convinzioni che noi abbiamo su come si debba vivere, allora possiamo scoprire degli aspetti interessanti.

Alcune persone sono così convinte di doversi occupare di tutto e tutti, prima di potersi occupare di se stessi, che si mettono in fondo alla lista delle priorità. Tutti ne abbiamo una. Per certe persone è semplicemente fuori discussione fare qualcosa per sé prima che per gli altri, o per altri obiettivi (il lavoro; la pulizia della casa; aiutare qualcuno che pensano non possa farcela senza di loro); di conseguenza, dispongono il loro tempo secondo la loro lista di priorità.

Alcuni pensano davvero di non avere il tempo per prendersi ciò di cui hanno bisogno; altri invece sono consapevoli di ciò che fanno, ma riferiscono che se provano a cambiare questa modalità ed a fare qualcosa per se stessi prima di dedicarsi ad altro, provano un forte senso di colpa o d'ansia. Allora, ecco che la risposta è affannarsi tra un impegno e l'altro, senza fermarsi mai: non c'è tempo per occuparsi dei propri bisogni, e questo è quanto.

Utilizzando l'Analisi Transazionale, possiamo dire che queste persone hanno un copione che include uno o più messaggi che li portano a questa modalità di comportamento. Il copione psicologico è un concetto elaborato da Eric Berne; un copione è un piano di vita costruito nell'arco dell'infanzia, nel quale sono già state decise le mosse fondamentali, a partire dalle esperienze salienti vissute da bambini. Essendo costruito per l'appunto da un bambino piccolo, il copione è regolato da regole rigide, che hanno avuto la funzione di adattarsi alla realtà nella quale il bambino è cresciuto, ma restano in vigore anche quando le condizioni mutano, facendo sì che la persona ormai adulta, sia di fatto vincolata a modalità non più idonee alla realtà attuale.

Ad esempio, possono avere interiorizzato un messaggio che impone loro di fare molte cose e rapidamente, senza permettersi troppo di soffermarsi su qualcosa, senza curarsi di ciò che hanno bisogno per crescere, con un eccessivo senso di responsabilità.

Un altro messaggio che può esser sotteso a questa modalità di funzionamento, può aver radici ancora più profonde, e dunque conseguenze più difficili da modificare. Alcune persone possono infatti crescere in un contesto in cui non vi è spazio, per diverse possibili ragioni, per i loro bisogni, materiali e affettivi. Sviluppano di conseguenza un grande senso di responsabilità, sentendo che devono comportarsi come se non avessero bisogno di nulla, insomma come piccoli adulti. Possono avvertire la necessità di prendersi cura di membri della famiglia in forte difficoltà, investendo in questo tutte le loro energie.

Diventano così degli adulti per cui è del tutto normale occuparsi solo degli altri, e spesso non avvertono nemmeno di avere bisogni insoddisfatti, fino a che non interviene una forma di malessere che li costringe ad interrogarsi su cosa stia accadendo.

Sono solo alcuni esempi del motivo che potrebbe spingere alcune persone a correre tra un impegno e l'altro senza fermarsi su di sé.

  1. Se la persona è consapevole di fare questo, ma non riesce a cambiare modalità di comportamento, probabilmente ha interiorizzato questo messaggio copionale in un momento non troppo precoce della sua infanzia.
  2. Se invece manca totalmente la consapevolezza, è probabile che il bambino si sia adattato a questo modo di "sopravvivere" nella primissima infanzia, quando, per l'appunto, la necessità di essere accettato e riconosciuto era vitale, di primaria importanza.

In Analisi Transazionale si parla di spinte o messaggio di controcopione nel primo caso, di ingiunzioni nel secondo.

Ad un certo punto, tuttavia, i bisogni della persona (di cura, di riconoscimento, di svago, di creatività...) non possono più essere ignorati, e si fanno sentire: la persona avvertirà ansia od angoscia, oppure si sentirà bloccata da un forte senso di colpa o di inadeguatezza quando prova a fare qualcosa per sé. Per intervenire su questo aspetto, sarà dunque importante aiutare la persona a risolvere il blocco (impasse) che si presenta quando il bisogno di occuparsi di sé finisce per irrompere. Quando questo accade, infatti, la persona si sente bloccata, come se non potesse andare in alcuna direzione.

Il lavoro che si svolge in terapia è quello di accompagnare la persona nell'identificare l'origine della decisione che ora "la mette nei guai", rientrando in contatto con la situazione vissuta allora, a livello cognitivo ed emotivo; a questo punto, il terapeuta guida la persona a prendere nuove decisioni, più utili e più adatte alla sua realtà attuale. La decisione verrà poi consolidata sia dentro che fuori dalla terapia; infatti è importante in questo caso proprio il fattore temporale.

Una persona che ha sempre vissuto dedicandosi ad altro o altri farà fatica a concentrarsi su di sé, e probabilmente cercherà di farlo in fretta, senza soffermarsi troppo su ciò che sta facendo.

È perciò importante che possa prendere consapevolezza di tutto ciò ed abituarsi gradualmente ad una realtà nuova. Inoltre, una volta arrivati alla necessità, intensamente percepita e vissuta emotivamente, di prendere un'altra decisione, si inizia a portarla, timidamente, fuori dalla terapia: in altre parole, si inizia a comportarsi in modo differente, facendo le prime mosse per prendere ciò di cui si ha bisogno.

Come tutti i cambiamenti profondi ed importanti, è naturale che insorga la paura che qualcosa vada storto. Perciò la nuova decisione viene consolidata sia in terapia, rivedendo con il terapeuta quanto sta accadendo, sia fuori da essa, verificando le conseguenze del proprio cambiamento.

Articolo scritto dalla dottoressa Valentina Cozzutto, iscritta all'Ordine degli Psicologi della Lombardia

PUBBLICITÀ

Scritto da

Dottoressa Valentina Cozzutto

Consulta i nostri migliori professionisti specializzati in crisi esistenziale

Bibliografia

  • Berne, Ciao...e poi? Bompiani
  • Ricardi, L'analisiTransazionale: il sé e l'altro, Xenia
  • Goulding, Il cambiamento di vita nella terapia ridecisionale, Astrolabio
  • Erskine, Psicoterapia integrativa in azione, Ediz. Università Romane
  • Kahler e Capers, The miniscript, in TAJ, 4, 1974

Lascia un commento

PUBBLICITÀ

ultimi articoli su crisi esistenziale

PUBBLICITÀ