Controdipendenza: la paura dei legami

Alla base della controdipendenza c’è la paura di soffrire.

18 DIC 2018 · Ultima modifica: 31 OTT 2019 · Tempo di lettura: min.
Controdipendenza: la paura dei legami

«Il dubbio o la fiducia che hai nel prossimo sono strettamente connessi con i dubbi e la fiducia che hai in te stesso», Khalil Gibran.

Sentiamo sempre più spesso parlare di dipendenza affettiva, ossia il caso in cui una persona dipende emozionalmente da un’altra, ad esempio dal partner. Si tratta di una condizione nociva che può avere conseguenze piuttosto gravi. Allo stesso tempo, però, si parla ancora troppo poco della condizione opposta: la controdipendenza. Di cosa si tratta?

Con questo temine s’indica la paura dei legami affettivi.

Chi ne soffre non riesce ad avere relazioni profonde e tende a lasciare fuori gli altri dalla propria vita. Per questo, preferisce rapporti effimeri e superficiali, anche se non vuol necessariamente dire che la persona viva un isolamento.

Al contrario. Tende a partecipare a qualsiasi tipo di evento sociale. Pur vivendo costantemente al fianco di altre persone, il controdipendente non riesce a creare con loro una connessione profonda.

Pur avendo una facilità estrema nell’interagire con gli altri, tende a fuggire dalle relazioni più profonde. Si sente in gabbia e crede di non aver bisogno dell’aiuto degli altri. Perché si mettono in moto questi comportamenti? Alla base della controdipendenza c’è la paura di soffrire. Per questo, la conseguenza è quella di fuggire dalle relazioni non superficiali perché vengono viste come fonte di sofferenza.

Che lo vogliamo o no, le relazioni sociali comportano alcuni rischi, come l’abbandono o il conflitto. La controdipendenza viene utilizzata come un’arma per difendersi da questi pericoli: piuttosto che correre il rischio di soffrire è meglio evitare le relazioni stesse. Per questo, è preferibile evitare del tutto questi rischi. La conseguenza principale della controdipendenza, dunque, è la fuga, scomparire all’improvviso dalla vita degli altri senza offrire una spiegazione ragionevole. Agli occhi degli altri, infatti, queste persone risultano incomprensibili, sembrano sempre occupati, appaiono spesso superiori e con la tendenza a disprezzare. I controdipendenti sono sempre impegnati a raggiungere i propri obiettivi e vedono con una certa altezzosità e come una perdita di tempo le relazioni profonde, indipendentemente che si tratti di un partner, dei familiari o degli amici.

Cosa si nasconde dietro la controdipendenza?

Come abbiamo già detto precedentemente la controdipendenza nasce essenzialmente dalla paura dei legami affettivi. Solitamente, questo timore è causato dalle esperienze passate, magari da un abbandono o da un trauma accaduto durante l’infanzia o da relazioni di coppia terminate male. La paura di tornare a soffrire porta queste persone a prendere le distanze da qualsiasi rapporto che possa implicare un legame profondo.

Tuttavia, la questione principale è che la maggior parte delle persone che soffrono di controdipendenza non credono di avere un problema. La loro decisione di essere diffidenti nei confronti degli altri, le fa sentire potenti e superiori rispetto alle altre persone. L’idea che gli altri si avvicinino, infatti, le fa sentire di non avere il controllo sulla situazione. Dietro questa idea, però, si nasconde spesso una grande solitudine e insicurezza che se non viene affrontata seriamente rischia di trasformarsi in una grande infelicità.

 Articolo rivisto e corretto da Matteo Monego  

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Scritto da

Dott. Matteo Agostini

Sono il Dott. Matteo Agostini, laureato in Scienze Psicologiche Applicate e con Laurea Magistrale in Psicologia Clinica. Ho acquisito competenze nell’ambito della psicologia clinica, della neuropsicologia clinica, e della psico-sessuologia. Sono Tutor per bambini e ragazzi con ADHD/DSA presso il CCNP San Paolo di Roma e consulente sessuale e nutrizionale.

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Commenti 7
  • Giovanni Pesce

    Leggendo queste parole, sento di esserci dentro completamente, non soltanto con i piedi! Descrive perfettamente il mio stato. Cosa potrei fare per uscirne?

  • Romina patellaro

    Un dipendente affettivo che dopo una relazione che l'ha fatto soffrire molto, affronta un anno di terapia da professionista può diventare controdipendente?

  • Vittoria

    Io ne soffro e purtroppo tendo ad allontanarmi dalle relazioni perché ne ho paura, questa cosa mi fa soffrire e vorrei sapere come si supera..

  • anonimo

    Leggere questo articolo mi ha fatto provare una sorta di peso allo stomaco perchè mi rivedevo in ogni cosa che veniva detta. Ho sempre ridotto le uscite con le persone che mi invitavano dicendo che ero impegnata con il mio obiettivo, anche quando, magari, alla fine non avevo realmente molto da fare. Ho sempre pensato di poter chiudere qualunque amicizia in modo semplice perché, per quanto strette, se ne possono sempre fare di nuove, anche se in alcuni casi mi sono resa conto con il tempo che la lontananza con determinate persone mi rendeva triste, eppure riuscivo a riprendermi quasi subito. Mi sono sempre detta che, semplicemente, non sono il tipo di persona a cui piace avere la presenza costante di amici nella propria vita, sono una persona che ha bisogno del proprio spazio, e le relazioni sono ancora peggio, sono un peso aggiunto perché bisogna rinunciare al proprio stile di vita e bisogna prendersi cura di un'altra persona, anche perché io sono il tipo di persona che nelle relazioni cerca di dare tutto al proprio partner e io al momento voglio dare tutto solo a me e non voglio distrazioni dalla mia meta. Anche se dico di non volere relazioni, mi è capitato di recente di "cadere" nella tentazione di averne una, c'era un ragazzo che con me si è comportato in modo molto dolce e mi ha dato molte attenzioni e io ho vacillato e gli ho detto che mi andava bene provare a frequentarci ma, quando ho capito quanto erano forti i suoi sentimenti rispetto ai miei, ho iniziato ad avvertire subito come se mi stesse stringendo il collo e ho sentito di non potercela fare, ogni sua gentilezza sembrava nascondere un altro fine e non ce l'ho fatta a continuare. Anche con lui, l'unico dispiacere provato era quello di avergli causato del male ma personalmente l'unica sensazione che io provavo era quello di essermi tolta un peso dalle spalle, potevo tornare a respirare. I miei amici sanno che non sarà mai la persona sempre presente o quella con cui parlare tutti i giorni a telefono ma, nonostante ciò, continuiamo a vederci quando ci siamo e tutti mi descriverebbero come una "ragazza estremamente estroversa" (citando le loro parole), che parla con chiunque ed è capace di far aprire le persone al volo, dicono che sia facile affezionarsi a me; sono io che, difficilmente, lego con le persone ma, quando reputo una persona amica, anche se magari sparisco per una settimana o un mese, torno sempre. Onestamente non ho mai pensato di avere "paura" di qualcosa, ho sempre pensato che fosse semplicemente il mio carattere e mi è difficile pensare che tutto questo sia causato dalla paura di soffrire. Ho dei genitori che non si amano, vivono insieme per abitudine e litigano sempre e da sempre, ho alle spalle una relazione di tre anni e mezzo che è andata male perchè ad una certa non riuscivo più a reggere determinate cose ma... sono situazioni così rilevanti? Pensavo sinceramente di aver reagito bene a questi eventi e di esserne uscita più forte e consapevole. Mi viene da pensare

  • Matteo Erminio

    Salve, penso che la mia ex ragazza soffra di controdipendenza affettiva. Come si sta vicino a una persona che "ti vuole" ma ti respinge? Mi contatta, mi chiama, cerca di non vedermi perché se mi vede continua a guardarmi, mi spia, parla di me alle amiche, se va a cena in un bel posto le viene subito in mente di andarci con me, etc. Ogni mio comportamento sembra inutile per tornare assieme e mi viene solo da allontanarmi. Grazie

  • Francesca Guidetti

    Buonasera, io penso in parte di soffrirne e volevo offrire la mia testimonianza. Secondo me sta alle persone che ne soffrono riconoscere il problema e cercare di affrontarlo. Non siamo anestetizzati, lo siamo solo apparentemente. Personalmente ho avuto la fortuna di avere una persona che mi ha fatto notare questa mia grande paura del legame, e questo mi ha fatto capire che dietro a quello che apparentemente sembra una fuga ed una mancanza di interesse, si nasconde al contrario una grande paura di innamorarsi. Questa paura va approfondita tramite psicoterapia, bisogna capire le cause, da dove parte questa paura irrazionale. Nel mio caso da problemi di dipendenza affettiva dai miei genitori e da paura di altre forme di dipendenze. Non sono ancora riuscita a capire totalmente cosa si celi dietro, ma so che pian piano sto facendo dei passi per cercare di uscirne. Ad esempio, a settembre partirò e lascerò il “nido”, nonostante mi costi tanto, ma ho una gran voglia di crescere e trovare la mia strada!

  • Enrica sanetti

    Nessuno dice se queste persone hanno possibilità di guarigione o sono condannate a rimanere per sempre infelici. Perché se sono persone anestetizzate emotivamente non sentono nemmeno molto dolore e se lo sentono sono organizzate in forme di iper lavoro o altro per tenersi impegnate e non avere momenti in cui avvertire il vuoto...e se nn hanno mai la percezione del dolore come fanno ad avere la spinta ad andare in terapia? Allora non ne usciranno mai? Possibile che a forza di buttare polvere sotto al tappeto non scoppino mai? Sembrano persone condannate a non avere possibilità di guarigione visto che le cose stanno così...io nn sento dolore io penso che va bene così io nn ho la spinta a chiedere aiuto a un terapeuta. E come ci si deve comportare con un controdipendente nei legami affettivi?

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