Che cos'è l'ansia, come funziona e quando diviene patologica

Provare un'ansia intensa nel momento in cui si percepisce che un nostro scopo è minacciato non comporta sempre lo sviluppo di un disturbo d'ansia. Cos'è che trasforma l'ansia in un disturbo?

9 LUG 2019 · Ultima modifica: 2 LUG 2019 · Tempo di lettura: min.

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Photo by M.T ElGassier

L'ansia non è sempre da considerarsi come un problema patologico. Essa fa parte dell'essere umano ed è funzionale nella misura in cui viene attivata da un effettivo pericolo e si riduce nel momento in cui il pericolo stesso scompare. In questo caso non parliamo di un problema psicologico da risolvere, poiché vivere senza ansia sarebbe distruttivo giacchè l'ansia, nella sua forma normale, è adattiva per la persona e la aiuta a riconoscere una situazione pericolosa e potersene così distanziare.

Ma quand'è che allora l'ansia diventa patologica e si trasforma in qualcosa di invalidante per la persona?

Questo accade quando l'ansia diviene sproporzionata rispetto al rischio e all'effettiva gravità dello stesso oppure quando è presente anche se non c'è un vero pericolo. Quando l'ansia diviene anormale, la persona che ne soffre vaglia diverse ipotesi negative e lo fa tramite un continuo e costante rimuginio su tutte le cose spiacevoli che possano verificarsi. L'idea presente nella persona è di trovarsi dinanzi a situazioni che non si possono conoscere in modo preciso e, pertanto, sono del tutto incontrollabili. D'altra parte però la persona ansiosa crede che in qualche modo essa possa esercitare una qualche forma di controllo volto ad evitare una situazione temuta. Quest'idea pone la persona in una situazione di costante ipercontrollo.

In termini cognitivi, dunque, l'ansia è scatenata dalla percezione della realtà da parte della persona come minacciosa e di sé stessi come incapaci di fronteggiare tale minaccia. Il soggetto ansioso, percependosi come incapace di far fronte a tali situazioni, tende ad attenzionare qualunque cosa nella speranza di prevenire in qualche modo la situazione. La persona ansiosa monitora costantemente l'ambiente esterno per rilevare possibili minacce, mantenendo un livello di arousal elevato e concentrando l'attenzione sull'elemento ritenuto minaccioso (attenzione selettiva). Una prima conseguenza di ciò è che la persona trascura gli altri possibili segnali rassicuranti che potrebbero smentire la percezione della minaccia.

La mente del soggetto ansioso è dunque veicolata da distorsioni che lo porteranno ad esasperare la situazione temuta; da qui ne deriverà un comportamento di fuga o di evitamento che, se in quel momento darà alla persona l'idea di aver ridotto l'ansia, si rinforzerà e non permetterà alla persona di verificare l'eventuale innocuità dello stimolo.

La persona quindi continuerà a convincersi della pericolosità dell'ambiente e della propria incapacità e inadeguatezza ad affrontare tali situazioni, contribuendo così a mantenere l'ansia stessa.

Intraprendere un percorso di psicoterapia cognitivo-comportamentale ti permetterà non solo di apprendere delle tecniche di gestione dell'ansia, ma anche di risalire alle credenze distorte di cui sopra (distorsioni), comprenderne il significato e l'origine, destrutturandole attraverso tecniche di ristrutturazione cognitiva.

È bene sapere che il problema non risiede nella situazione in sé, ma in ciò che si pensa della situazione, di se stessi e degli altri.

Articolo della Dott.ssa Michela Garzia, iscritta all'Ordine degli psicologi Puglia

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Scritto da

Dott.ssa Michela Garzia

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