Attacchi di panico: vivere nel Dap
Attacchi di panico, Dap, malessere, società. Molto spesso si sottovalutano segnali che possono, invece, metterci in guardia.
Chi va dallo psicologo? Dallo psicologo vanno persone che stanno attraversando momenti di disagio, periodi "bui" nei quali non sanno più chi sono e dove vanno. Momenti di dubbio e di malessere che, spesso, vengono somatizzati con attacchi di ansia, di panico, paure di vario genere, ecc.
Anche se può apparire brutale, bisogna festeggiare questi sintomi perché vuol dire che il tappo è saltato e, come per lo champagne, è il momento di festeggiare.
«Festeggiare?», mi chiedono i pazienti, ma io sto male, ribattono. Certo, ma il malessere è un Sos che, finalmente, spinge ad occuparci di noi e solo attraverso il malessere che il corpo ci trasmette, possiamo andare davvero alla scoperta di noi stessi. Di quello che ci fa stare bene e di quello che ci fa stare male. Il più classico fra questi sintomi è l'attacco di panico, comunemente definito Dap o Pd, Panic Disorder. L'Adp può insorgere improvvisamente con tachicardia, sudorazione, senso di vertigine che spesso spingono il soggetto ad andare al Pronto Soccorso convinto di essere in preda ad un attacco di cuore.
Questo malessere improvviso è destabilizzante e, soprattutto invalidante, perché il soggetto non riesce a pensare, a razionalizzare ma percepisce la realtà intorno confusa e priva di certezze. Quest'esperienza lascia il timore che l'attacco possa di nuovo insorgere all'improvviso, magari in situazioni dove la persona colpita si troverebbe in serie difficoltà. Specialmente chi ha bambini piccoli o chi porta la macchina o chi è soggetto a spostamenti, si trova nella necessità di dover cominciare a far conto sugli altri, deve chiedere….deve, in qualche modo, cominciare a dipendere dagli altri e questo genere vergogna per la dipendenza nella quale si è costretti a vivere.
Come già detto, appena si rientra in possesso di tutte le facoltà percettive, bisogna chiedersi se la vita che si sta conducendo in quel momento è la nostra vita, se stiamo vivendo secondo nostri bisogni e desideri o se invece non stiamo conducendo un'esistenza secondo modalità imposte da altri. È importante sottolineare che il 5-6% della popolazione rientra fra le persone soggette al DAP; sono in molti ad avere disagi e questo deve in qualche modo tranquillizzare perché si rientra in una casistica che connota quasi una normalità.
Come si può, in effetti, non essere a disagio in una società che viaggia in modo così accelerato e dove le certezze lavorative, affettive e molto altro sembra essere così a rischio? L'essere umano per sua natura ha bisogno di routine, di certezze. Dal pranzo della domenica allo svago nel fine settimana ma, soprattutto, ha bisogno di poter far fronte ai propri impegni quotidiani. Se, in un dato momento storico queste certezze saltano, saltiamo anche noi psichicamente e fisicamente. Il disagio psichico è sempre più manifesto.
Non siamo macchine intelligenti che passano indenni attraverso tutto quello che ci accade intorno ma siamo fatti anche di fragilità. Siamo persone che si commuovono, che si indignano per le ingiustizie soffrendone. Probabilmente si ha una sensibilità che mal si adatta alla bruta quotidianità. Allora bisogna sedersi e cominciare a chiedersi perché il nostro corpo si ribella, perché la nostra mente perde il controllo gettandoci, appunto, nel panico; tramite un segnale chiaro e molto forte, ci segnala qualcosa che non va.
Da cosa stiamo spostando l'attenzione? Di cosa, nella nostra vita, non vogliamo prendere atto? Cerchiamo aiuto, facciamoci assistere, chiediamo con la consapevolezza che non c'è niente di male nel desiderare sostegno, attenzione, affetto. Cominciamo a prenderci cura di noi stessi e salutiamo questo segnale come un'opportunità che non possiamo e dobbiamo lasciar passare inascoltata.
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