Ascolto e accettazione in famiglia

Cosa ci sostiene davvero in famiglia? Cosa significa ascoltare l’altro? Cosa vuole dire accettarsi e coltivare relazioni “sufficientemente buone”?

23 GIU 2020 · Tempo di lettura: min.
Ascolto e accettazione in famiglia

Una relazione si avvia a diventare buona quando ci si accetta profondamente per quello che si è, quando l'altro «mi va bene» al di là delle sue capacità, competenze, stato di salute, età, comportamento, ecc. L'accettazione incondizionata è una dimensione relazionale tipica dell'approccio umanistico nella psicologia clinica e nel counseling.

Siamo tipicamente molto sostenuti da una modalità concreta per aiutarsi in questa accettazione -valorizzazione incondizionata dell'altro: dedicare del tempo allo stare insieme non vincolato a un'attività finalizzata. Nella famiglia la valorizzazione di questo spazio-tempo dello stare insieme emerge in più momenti: nel gioco con i figli, durante il pasto condiviso o semplicemente nei momenti di routine che prevedono anche un rapporto di cura orientata all'autonomia.

Una relazione diventa buona quando ci si sente ascoltati e compresi profondamente, anche negli aspetti più delicati, quelli affettivi. Su questi temi i livelli di analisi sono molti, ma almeno tre dimensioni più di altre meritano una piccola riflessione:

1. L'ascolto attivo è fatto di un'attiva attesa, di un attivo silenzio per permettere la comunicazione dell'altro, ma anche di un attivo sforzo per costruire insieme un significato condiviso; consiste dunque nel trattenersi fortemente dalle interpretazioni frettolose, dalle schematizzazioni rigide, che poi immobilizzano la percezione, la conoscenza profonda dell'altro e l'empatia. Esso è centrale in un'alleanza educativa genitoriale.

2. La necessità di ascoltare, conoscere e comprendere il bambino che comunica attraverso linguaggi anche molto diversi. È indispensabile rilevare il grado di coinvolgimento e di responsività ai bisogni dell'altro, il tono emotivo comunicato verbalmente e non, la spontaneità, la vicinanza fisica e la cura.

3. L'empatia e il suo ruolo nel più generale gioco di regolazione dei vari livelli della vita affettiva. L'empatia, come capacità di sentire l'altro, è sempre più al centro del dibattito nelle scienze umane, dalla filosofia alle neuro-scienze. Essa non coincide con la simpatia o con la compassione, ma con il gioire insieme, soffrire insieme.

Una relazione si avvia a diventare buona quando ci si sente in un progetto di azioni orientate ed evolutive, nell'ottica dello sviluppo e del benessere positivi. Il genitore diventa così una fonte di stimolo e di aiuto, che accompagna, guida, propone; si sentono le aspettative positive, si sente la fiducia in sé, nelle proprie capacità.

In questa terza componente c'è dunque l'elemento «produttivo», il voler cioè contribuire attivamente alla produzione di abilità, esperienze, competenze.

Per educare bisogna partecipare con energia al processo stesso. Ognuno deve essere guidato ma anche aiutato a diventare autonomo, a stabilire chiari confini.

Il genitore che accetta, valorizza, ascolta e comprende si assume un'altra responsabilità, quella dell'azione chiaramente orientata. Questo «fare» dovrà essere prevedibile, stabile, strutturato, coerente; dovrà essere negoziato, condiviso, rispettoso dei confini e degli spazi-tempi dell'altro. Dovra' essere responsivo rispetto ai segnali inviati dai bambini e resistente alla frustrazione e ai fallimenti.

La sicurezza, l'identità e l'autostima danno energia alla relazione e alle persone che la costruiscono, e questa energia diventa benessere, ma anche curiosità, interessi, motivazioni intrinseche, voglia di apprendere, creatività.

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Scritto da

Dott.ssa Maria Laura Battistini

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