Alimentazione nell'infanzia: un'esperienza relazionale

Le problematiche alimentari si manifestano in età sempre più precoci e rivelano la loro intrinseca natura relazionale con le figure di accudimento primarie.

14 MAR 2019 · Tempo di lettura: min.
Photo by Jens Johnsson on Unsplash

Le problematiche alimentari si manifestano in età sempre più precoci, coinvolgendo anche il periodo dell'infanzia. Tali difficoltà si esprimono sul cibo e attraverso il corpo, ma spesso nascono altrove, mostrando la loro natura relazionale.

Il bisogno alimentare, infatti, è presente fin dalla nascita e costituisce una delle prime modalità di comunicazione del bambino nei primi anni di vita. Il cibo è veicolo della relazione madre-figlio, soddisfa i bisogni primitivi della fame e del prendersi cura, permette lo scambio nella relazione e può divenire "mezzo" per esprimere conflitti col genitore, ad esempio, tramite l'oppositività.

È importante considerare come nel periodo dell'infanzia si assista ad un primato del corpo sulla mente tale per cui sia comune l'espressione sintomatica di un disagio del bambino a carico del corpo o di una sua funzione primaria. Il corpo in questa età diventa dunque il palcoscenico su cui si esprime un vissuto, talvolta disfunzionale, che riguarda fondamentalmente il rapporto con le figure di accudimento del bambino. È evidente, infatti, come il momento del pasto rappresenti uno dei principali "luoghi" d'interazione con le figure che si occupano del bambino, nella maggior parte dei casi, i suoi genitori.

Le abitudini alimentari nascono in famiglia in fasi precoci, l'educazione alimentare è prerogativa della coppia genitoriale e viene trasmessa al bambino attraverso lo stile familiare che caratterizza ogni famiglia. Dunque i genitori costituiscono i primi agenti di cambiamento in grado di promuovere l'autoregolazione del bambino.

«Se c'è qualcosa che desideriamo cambiare nel bambino, dovremmo prima esaminarla bene e vedere se non è qualcosa che faremmo meglio a cambiare in noi stessi», (Carl Gustav Jung).

Per comprendere il manifestarsi di modalità alterate, disfunzionali e talvolta patologiche col cibo è importante considerare alcuni elementi:

  • l'esperienza col cibo (ad esempio: "un boccone andato di traverso" può rappresentare un evento traumatico reale);
  • la relazione col caregiver (ossia, qualità e caratteristiche della relazione tra il bambino e chi si occupa di lui);
  • l'esperienza del cibo nella relazione col caregiver (il risultato dell'interazione tra i due elementi citati in precedenza).

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Photo by Julian Scagliola on Unsplash  

Problema o disturbo alimentare?

Di seguito sono elencate alcune caratteristiche che i bambini possono presentare nel loro rapporto col cibo, a cui può essere utile prestare attenzione:

  • paura;
  • rifiuto;
  • selettività;
  • ripetitività.

Tutti i bambini posso presentare alcuni di questi atteggiamenti in maniera transitoria, mostrando per un certo periodo quello che si potrebbe definire un "problema alimentare".

Qualora, invece, tali comportamenti diventino persistenti e pervasivi, allora potrebbero essere indice di un possibile disturbo alimentare, per cui è consigliabile ricorrere ad una consulenza pediatrica ed eventualmente specialistica.

I disturbi alimentari consistono in condizioni cliniche caratterizzate da un rapporto alterato col cibo e col proprio corpo, tali da compromettere la qualità di vita e delle relazioni sociali.

Come prevenire lo sviluppo di disturbi alimentari?

In conclusione, riporterò di seguito 9 punti che possono aiutare i genitori e chi si occupa di bambini a prevenire lo sviluppo di disturbi dell'alimentazione fin dall'età infantile (ADEPO - Associazione di Dietetica E Psicologia per l'Obesità e il sovrappeso):

  1. L'American Academy of Pediatrics suggerisce di non affrontare qualsiasi conversazione riguardante le diete e il dimagrimento di fronte a un bambino.
  2. Favorire l'approvazione e la diversità corporee, eludendo commenti e considerazioni giudicanti (sia in senso negativo che positivo) sul proprio corpo e su quello degli altri.
  3. Promuovere lo sport e l'attività fisica con l'obiettivo di divertirsi, e non per "bruciare calorie" o migliorare il proprio corpo.
  4. Non utilizzare lo "stare a dieta" per lodare qualcuno o per o prenderlo come esempio di forza e auto-controllo.
  5. Evitare di parlare di temi quali la calorie e ed evitare di classificare i cibi in categorie come sano/non sano, buono/cattivo, ecc.
  6. Dare la giusta importanza ai lassi di tempo dedicati ai pasti: si deve mangiare insieme, seduti comodamente a tavola e senza avere a portata di mano distrazioni come tablet e cellulari (in questo caso gli adulti sono i primi a dare un cattivo esempio).
  7. Le maggiori società scientifiche non sono d'accordo col prescrivere diete in età pediatrica. Se un bambino ha problematiche di sovrappeso, per esempio, il percorso più appropriato è di tipo educativo-esperienziale. Seguire una dieta in età pediatrica incrementa il pericolo di far nascere un disturbo alimentare.
  8. I bambini hanno un "meccanismo di fame e sazietà" naturale che va compreso e protetto.
  9. Evitare di confortare o castigare il bambino usando come ricompensa o come punizione il cibo.

 Articolo della Dr.ssa Simona Fantoni, iscritta all'Ordine degli Psicologi dell'Emilia Romagna.

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Scritto da

Dr.ssa Simona Fantoni

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