Adolescenza tra famiglia, scuola e aspettative degli adulti

L'articolo si propone di indagare cosa si muove nel mondo psicologico dell' adolescente di oggi e quali sono i punti di riferimento che dovrebbero aiutare famiglie e scuole.

26 MAG 2016 · Tempo di lettura: min.
Adolescenza tra famiglia, scuola e aspettative degli adulti

Essere adolescenti oggi significa iniziare presto a chiedersi "cosa farò da grande" ma riuscire tardi a trovare una risposta.

A detta di molti studiosi delle scienze psicologiche, l'età dell'adolescenza è la fase del ciclo di vita in sui si verificano il maggior numero di trasformazioni psicofisiche.

Secondo Pietropolli Charmet (2004), l'adolescenza si definisce come un processo di simbolizzazione, ovvero una "ridefinizione complessiva della propria identità; non cambia solo quello che l'adolescente sa o sa fare, ma anche quello che è e come si vede" (ibidem, p.18).

Una nuova identità rappresenta, quindi, l'esito finale del superamento dei cosiddetti "compiti di sviluppo", ovvero eventi critici o sfide di natura biologica, culturale e sociale che, in adolescenza, si concretizzano sostanzialmente nella ridefinizione della propria immagine corporea, dalla creazione di nuove relazioni interpersonali (con adulti e pari) e nella capacità di mentalizzare le emozioni. La proiezione verso il futuro, esemplificata con la famosa frase "cosa farò da grande" è, pertanto, imprescindibile da una rinnovata conoscenza che l'adolescente ha di sé, del suo mondo interiore e delle proprie risorse personali, familiari e sociali.

Tale percorso evolutivo (oltre che maturativo) si esplica attraverso quello che lo psicologo e psicoanalista Erik Erickson definisce le due "strade" principali per la ricerca dell'Identità, ovvero la sperimentazione di nuove possibili alternative che l'adolescente è chiamato a operare in campi diversi (scolastico, politico, religioso, sociale, affettivo), e la scelta/impegno che l'adolescente mette per perseguire l'alternativa seguita. Una scelta o una sperimentazione superficiale, inadeguata o discontinuo potrebbe generare, secondo l'autore, una identità diffusa bloccata o sospesa.

Ma quanto c'entrano i genitori, la scuola, i sistemi socioculturali nel difficile passaggio dalla fase di bambino a quella di adulto?

I cambiamenti psicofisici coinvolgono in maniera diretta le famiglie, la scuola, i contesti ricreativi e tutto ciò che ruota attorno al mondo adolescenziale, generando continui interrogativi su chi e cosa abbia il ruolo e la responsabilità maggiore nella formazione del giovane adolescente.

A livello scolastico, la questione della necessità di un nuovo modello di apprendimento più in sintonia con la società postmoderna viene ripreso dal sociologo Zigmunt Bauman (2001) il quale ipotizza che scuola e università debbano mirare a una modalità di apprendimento che lui definisce "apprendere a disapprendere".

Si tratterebbe, infatti, di un "apprendimento a violare la conformità delle regole classiche, a liberarsi dalle abitudini e a ricostruire le esperienze frammentarie in modelli precedentemente sconosciuti e nel contempo a considerare accettabili tutti i modelli solo fino a nuovo avviso". In sostanza, Bauman auspica a un modello di apprendimento che sia soprattutto adattivo nei confronti della mutevolezza della realtà circostante, in grado di affrontare con flessibilità e apertura mentale i continui cambiamenti sociali.

Dello stesso avviso, Edgar Morin che, con La testa ben fatta (2000), preferisce, "una testa ben fatta" a "una testa ben piena", intendendo, nel primo caso, una testa che invece di accumulare sapere tenda a porre e trattare i principi organizzatori che permettano di collegare i saperi e di dare loro un senso.

La scuola, realtà emotiva di sviluppo per l'adolescente

Ma la scuola non è solamente un luogo di apprendimento; la scuola è diventata prevalentemente una realtà emotivamente rilevante per l'adolescente e per i genitori. L'esperienza scolastica è diventata sempre più un luogo in cui l'adolescente si sperimenta, mette a dura prova le sue fantasie di successo o insuccesso, il luogo in cui esternare i propri conflitti interni e/o familiari. La scuola può dunque trasformarsi da oggetto con caratteristiche proprie a oggetto che diventa portatore di aspettative, progetti e desideri da parte dei genitori sul figlio.

La famiglia, molto spesso, carica il figlio di aspettative irrealistiche e influenza in modo decisivo il funzionamento psichico del giovane adolescente, agendo sui processi di pensiero, sulla propria autostima, sulle motivazioni e scelte personali. La scuola può così sollecitare, indirettamente, conflitti interni tra ciò che l'adolescente vorrebbe fare e quello che invece deve fare, provocando aree di disagio emotivo e ritardando il superamento dei compiti di sviluppo.

La scuola, quindi, proprio per la sua posizione di "intermediario" tra famiglia e società, va tenuta in debita considerazione essendo uno degli ambiti fondamentali di sperimentazione e ricerca di una identità compiuta.

Paradossalmente parlando, l'adolescenza è un problema dell'adulto, non solo in termini educativi ma anche in termini personali.

Ogni adulto significativo che si trovi a relazionarsi con il giovane adolescente ha dentro di sé un "proprio" adolescente passato che a sua volta funge da modello. Se l'adulto riesce ad avere accesso a questo modello interno e a esserne consapevole ha la possibilità di entrare in relazione con l'adolescente fuori di lui senza fare confusione e senza trasferire sull'altro un modello che non gli appartiene e nel quale non si riconosce. In questo modo l'adulto diventerà significativo e sarà in grado di vedere l'adolescente che gli sta davanti con le sue speranze, i suoi dubbi, le sue paure, i suoi desideri più veri.

Il ruolo della famiglia moderna

Nonostante ciò, la famiglia moderna, caratterizzata più che mai da principi educativi basati su valori affettivi invece che normativi (come accadeva alla famiglia fino a pochi decenni fa) ha ancora il fondamentale ruolo di facilitare il passaggio dall'età infantile all'età adulta attraverso le funzioni del contenimento, del sostegno e del rispecchiamento delle emozioni, con una certa distinzione tra ruolo paterno (maggiormente tendente alla responsabilizzazione delle azioni dell'adolescente) e ruolo materno (più orientato alla accoglienza e alla comprensione emotiva).

Noi adulti, che ci piaccia o no, siamo modelli per gli adolescenti. Essere modello significa trasmettere uno stile di vita, lasciare un segno, una traccia nel funzionamento delle persone. Ciò avviene solo nella sperimentazione quotidiana e soprattutto nel vedere come le persone si relazionano tra di loro, non solo nel modo in cui veniamo trattati.

Alla luce di quanto detto fin'ora, qual è il modello di adolescente che abbiamo in mente?

Noi pensiamo che l'adolescente debba essere forte, capace di sostenere i momenti di difficoltà, trarre dagli insuccessi un insegnamento, amare in modo autentico, adottare un modello di soluzione dei conflitti che faccia riferimento al confronto e al dialogo e non allo scontro e alla prevaricazione. Un adolescente che sappia riconoscere i propri limiti e le proprie risorse e che conosca il mondo che lo circonda.

In altre parole, un adolescente che sappia coltivare un sogno personale e che sappia trovarsi un proprio posto nel mondo, non solo nella realizzazione della propria identità ma nel dare senso alle proprie azioni e al perseguimento del proprio progetto di vita.

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Scritto da

Dott.ssa Sabrina Cabassi

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