Sono soggiogata da mia madre?

Inviata da Erika Genco · 21 set 2021

Buongiorno, mi chiamo Erika e sono una ragazza di 23 anni. Il mio interrogativo è esposto nel titolo: sono davvero soggiogata da mia madre? O sono soltanto una ragazza eccessivamente sensibile che non sa esprimere appieno le proprie opinioni ed emozioni?

Sono sempre stata una persona sensibile, eccessivamente empatica e premurosa verso gli altri, ho sempre cercato di fare di tutto per aiutare chiunque ne avesse bisogno (amici, compagni di classe, famiglia) anche andando contro i miei interessi o usando il mio tempo libero. Ho sempre sofferto di quella cosa che ho sempre chiamato "timidezza", non sono mai riuscita ad esprimere le mie opinioni apertamente, anzi, in maniera particolare di opinioni che andassero contro qualcuno o qualcosa.
Per non parlare dei miei sentimenti ed emozioni... Mi blocco e scoppio inevitabilmente in lacrime, non riesco a controllarlo ed è una cosa che detesto perché mi fa sembrare debole o in cerca di commiserazione.... Non ho mai parlato di come mi sentissi ai miei genitori, li ho sempre visti impegnati con il lavoro e con mia sorella maggiore ed il bambino, mi sono sempre fatta da parte e ho cercato di pesare il meno possibile. Mi sono sempre fatta forza da sola quando subivo bullismo a scuola o quando avevo difficoltà ad accettarmi per la mia bassa autostima; questo mi ha resa forte da un lato e fragile dall'altro, visto che sono incapace di parlare di quello che provo agli altri senza soffrire...

Ho due sorelle, una maggiore ed una minore: la prima è andata via di casa a 16 anni perché rimasta incinta, ma c'è sempre stato un buon rapporto con lei. Con mia sorella minore (abbiamo circa 5 anni di differenza) sì è sempre instaurato un rapporto quasi materno. Mi sono sempre presa cura di lei visti prima gli impegni lavorativi dei miei genitori e poi la loro separazione.
Ho cominciato a lavorare prestissimo, a 18 anni compiuti e sono una delle poche fortunate ad avere un lavoro stabile a 23 anni. Ho sempre contribuito in casa, praticamente il mio "stipendio" (inizialmente 500€ di stage) era messo a disposizione di tutta la famiglia. Continuando a lavorare il mio stipendio è leggermente aumentato ma continuava ad essere necessario in casa per tanti debiti e spese, alcune anche superflue -ma, credo per quieto vivere, non ho mai ammesso apertamente che lo fossero.

Ero così abituata che il mio bancomat era praticamente sempre nel portafogli di mia madre. Lei non si è mai imposta perché glielo lasciassi, sono sempre stata io a lasciarglielo per una questione di "comodità". Non ci ho mai visto nulla di male, ho sempre pensato che quei soldi servissero per la famiglia e per mandarla avanti. Inoltre lei si diceva sempre dispiaciuta a morte di usare i miei soldi.
Tuttavia da circa un anno a questa parte, il fidanzato di mia sorella minore (18 anni entrambi, disoccupati) sì è praticamente stabilito in casa nostra. Per colpa del covid mia madre ha perso il lavoro e ho dovuto badare a tutto in casa, facendomi carico di tutte le spese e utilizzando i risparmi che avevo messo da parte per l'università e progetti futuri (circa 3.000€), utilizzati perché anche io in quei periodi ho ricevuto parecchi ritardi con gli stipendi.
Mia mamma non si è posta il problema di chiedermi se potesse usare i miei risparmi per sostenere anche quest'altra persona, ha continuato ad usare il mio bancomat per fare spesa e pagare bollette come se nulla fosse.
Arrivata a non avere più un centesimo e visto il totale menefreghismo ho cominciato a chiedermi (grazie all'intervento esterno del mio ragazzo) se questa situazione fosse giusta. I soldi non sono il problema in sé: il vero problema è stato l'atteggiamento usato, perché mi hanno fatto capire che fosse dovuto da parte mia sostenere tutti e non pensare a nulla. In verità era mia madre la prima a lamentarsi della presenza del fidanzato di mia sorella piccola e ad insistere perché qualcuno ci parlasse e lo mandasse via, e quando qualcuno lo faceva lei prontamente prendeva le loro difese, affermando che li detestassimo.

In conclusione, ho deciso di andare a convivere con il mio ragazzo nel mio stesso paese, a circa 10 minuti da casa e dal mio lavoro. Mia madre sentita la notizia si è immediatamente opposta, dicendo che sono andata via nel momento del bisogno, che avrei dovuto aspettare un momento migliore, che ho lasciato da sola mia sorella minore. Che è tutta colpa del mio ragazzo che detesta mia sorella ed il fidanzato, e che lui mi ha portata via da casa riempiendomi la testa di cose non vere. Mi ha intimata di trovarmi un garage e di portare via tutte le mie cose, di portare via il cane (che fino ad un momento prima era il cane di famiglia).
Sofferente e delusa da questa reazione sono comunque andata via portandomi le mie poche cose. Lei dopo qualche giorno sì è calmata ma era evidente che qualcosa non andasse. Era come se le avessi fatto un dispetto ed era offesa nei miei riguardi.

In ogni caso, dopo circa una settimana, mia sorella ormai sola con il suo ragazzo (visto che mia mamma è partita per lavoro ed ora abita a 7 ore da qui), sì lamenta con mia madre che io non faccia la spesa e che loro stiano "morendo di fame". Quando provo a replicare mi chiude il telefono in faccia e mi manda dei messaggi in cui mi dice di dimenticarsi di avere una madre, che a mia sorella da quel in momento in poi ci avrebbe badato lei, di fare la mia vita senza di lei.

Sono stata malissimo dopo questa reazione così feroce, ho avuto attacchi di pianto ed ansia continua per due giorni. Io e lei eravamo in simbiosi, la pensavamo allo stesso modo pressappoco su qualsiasi cosa, ci siamo sostenute quando mio padre ci ha abbandonate con nove mesi di affitto arretrato e nessun posto dove stare. Com'è possibile che io, che ero il suo fiore all'occhiello, la sua spalla ed il suo sostegno, sia diventata di colpo una cattiva figlia? Mi viene da pensare che il mio aiuto economico e a livello di favori sia più indispensabile del mio affetto e della mia tranquillità mentale, visto che qualche giorno -di totale indifferenza- dopo, mi abbia chiesto scusa in lacrime affermando che quei messaggi fossero solo stati dettati dalla rabbia ma poi chiedendomi immediatamente dopo dei favori di lavoro... Il problema è che non riesco ad esprimere ciò che penso davvero, ovvero che ormai io ho la mia vita e vorrei smetterla di occuparmi di cose che non mi riguardano più, ma non ci riesco, non riesco ad andare contro questa persona e distaccarmi totalmente da lei se ce ne fosse bisogno... al tempo stesso non riesco a perdonarla per le parole dette (anche se scritte in un momento di rabbia sono sicura che non si sarebbe mai permessa di dirlo alle mie sorelle).

Dopo questo lungo monologo, vi ringrazio molto per aver letto... Vorrei solo sapere se sono davvero una cattiva figlia, se ho davvero sbagliato ad aver preso la decisione di andare a convivere, se è giusto che voglia scrollarmi di dosso le responsabilità non mie che mi sono comunque addossata per tutto questo tempo... Grazie

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Miglior risposta 22 SET 2021

Carissima Erika, Lei lo ha detto benissimo: è giusto che voglia scrollarsi di dosso responsabilità non Sue che si è addossata comunque per tutto questo tempo. Ed è altrettanto giusto che Lei viva la Sua vita e non quella dei Suoi familiari. Deve perciò imparare a esprimere quello che sente e a tagliare via i sensi di colpa ingiusti che le dinamiche familiari Le hanno addossato: ogni famiglia ha le sue regole e quando un membro della famiglia le trasgredisce scattano le colpevolizzazioni e i richiami alla lealtà, proprio come nel Suo caso. Nella Vostra famiglia una delle regole non scritte era il totale sacrificio di Erika, la quale, in forza di tali regole, “doveva” rinunciare alla propria vita per favorire la vita degli altri. Il fatto che Erika “DOVESSE” comportava due cose: 1) non porre limiti a quanto si pretendeva (perfino impedire la convivenza di Erika a favore della convivenza della sorella; perfino azzerare i conti di Erika per riempire quelli della madre e della sorella); 2) non dover esprimere gratitudine per ciò che Erika faceva e considerarlo un fatto gratuito, dovuto e scontato. In una famiglia devono esserci dei ruoli e dei confini chiari: il genitore è genitore, il figlio è figlio: Erika non può essere madre di sua sorella né marito di sua madre. L’atto dovuto VERO Erika lo ha finalmente compiuto: sottolineare il suo ruolo di figlia lasciando la casa parentale, perché i figli fanno anche questo: se ne vanno e non restano certo per dare sostentamento alla famiglia: non è compito dei figli questo ma dei genitori. Il fatto che tutto quello che Lei fa sia giusto NON toglie però che sia anche lacerante e doloroso, ingiustamente lacerante e doloroso, ma comunque lacerante e doloroso. Appena potrà, si rivolga a un terapeuta che possa aiutarLa a liberarsi dei Suoi sensi di colpa e aiutarLa a ristabilire un rapporto sereno ed equilibrato con i Suoi familiari che Lei, altrettanto giustamente ama, senza per questo voler annientare la Sua vita. Un caro saluto

Dott. Vincenzo Crupi Psicologo a Palermo

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23 SET 2021

Cara Erika, innanzitutto sento di dirle che ha avuto un ruolo centrale per questa famiglia oltre ogni ragionevole dubbio. Andato via suo padre, praticamente ha fatto l'uomo di casa, si è sostituita a lui , caricandosi proprio come ha detto, di responsabilità non sue e dando generosamente una disponibilità che alla fine è stata data per scontata.
Tutto questo, per quanto generi in sua madre molta rabbia, contribuirà alla crescita di tutti: delle sue sorelle, di lei e di sua madre.
Di lei perché potrà fare la sua vita, di sua madre e delle sue sorelle perché impareranno a prendersi la responsabilità per sè stesse.
Ci sono ruoli all'interno delle famiglie che possono essere molto condizionanti e limitanti per la propria vita e lei ha fatto proprio luce, pur portandosi dietro ciò che ha dovuto sacrificare: la possibilità di dar voce a quello che ha dentro.
Ci credo che si senta ferita dalle parole di sua madre, forse avrebbe voluto un atteggiamento di gratitudine.
Sono tante emozioni e sentimenti che varrebbe la pena che elaborasse anche con un sostegno psicologico breve.
Le auguro di riuscire a farsi aiutare e rimango a disposizione per qualsiasi cosa.
Un caro saluto
dott.ssa Silvia Chiavacci

Dott.ssa Silvia Chiavacci Psicologo a Firenze

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22 SET 2021

Cara Erika,
sembra proprio che ora stia iniziando a trovare uno suo spazio personale, sia in termini fisici (andando a vivere col suo fidanzato), sia in termini mentali agendo diversamente da come avrebbe fatto in passato.
Credo che il suo senso di colpa sia dovuto proprio a questo e cioè al fatto che è riuscita a prendersi qualcosa per sé, usando una modalità diversa da quella cui era abituata e cui erano abituati gli altri.
Lei ha sempre fatto tutto per gli altri e poco per sé stessa perciò adesso che sta cambiando questo meccanismo è normale sentirsi spaesati.
Un percorso di supporto psicologico credo che possa esserle utile nel sostenere queste risorse che lei ha e che sta mettendo al servizio di sé stessa.
Un caro saluto
Dott.ssa Irene Salvatori

Anonimo-183657 Psicologo a Pesaro

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22 SET 2021

Ciao cara Erika,

ho letto molto attentamente il tuo monologo, come l’hai chiamato tu, è ricco di emozioni, di frustrazione, delusione, tristezza…
Per quanto sia un’opinione esterna e non so quanto significato tu possa dare al mio breve e superficiale intervento, credo tu abbia fatto tutto il necessario e anzi, anche molto di più…non credo che una brava o cattiva figlia si misuri con i soldi che dà o non dà alla sua famiglia, ma tu anche in questo hai provato ad aiutare.
C’eri e ci sei sempre stata nei momenti belli e quelli meno belli che hanno coinvolto il tuo nucleo.
Hai messo, finalmente, dopo anni, davanti te stessa a tutto il resto, e questa non deve essere letta come una colpa, bensì come un bisogno, una necessità, una cosa naturale. E le persone che ti vogliono bene davvero dovrebbero essere orgogliose e felici per la tua scelta.
Dovresti forse porti un’altra domanda…come mai queste responsabilità ti sono state affibbiate? Come mai le persone che dovrebbero volere il tuo bene non si comportano o non manifestano la loro contentezza nel vederti felice?

Rifletti su cosa ti fa stare bene e su cosa ti ha sempre creato tanta sofferenza…lì avrai le tue risposte.

Ti consiglio comunque di intraprendere un percorso terapeutico…hai tanto dentro, da dire, da condividere…ma nel frattempo vivi la TUA vita e sii felice

Dottoressa Federica Foti Psicologo a Chiavari

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22 SET 2021

Buongiorno Erika,
Seguo con attenzione ciò che riporti.
La tua esperienza, il tuo vissuto, il tuo modo di entrare in relazione.
Sei Una ragazza molto sensibile, empatica e con un buona capacità di vederti dentro, ti consiglierei date le tue risorse interne di intraprendere un percorso psicologico per cercare di migliorare la tua capacità di esprimere le tue emozioni e di poter migliorare la tua capacità di comunicazione assertiva cale a dire saper dire agli altri come ti senti emotivamente, cosa pensi anche se non sono daccordo.
Resto a disposizione anche online se vorrai.
Cordiali saluti.

Dott.ssa Margherita Romeo

Dott.ssa Margherita Romeo Psicologo a Roma

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22 SET 2021

Buongiorno Erika,
lei sa prima che glielo dica un altro che la scelta di andare a vivere con il proprio fidanzato è stata giusta nella misura in cui era quello che voleva fare ma si è sentita in colpa perchè non ha mai pensato per prima a se stessa e vive questo gesto come se fosse ingiusto perchè Erika deve mettere sempre al primo posto gli altri. Questo comportamento seppur nobile ha fatto comodo a tutti e quando non è stato più così ha creato conflitti in famiglia ed incrinato il rapporto con sua madre che per molto tempo si è appoggiata a lei per qualsiasi cosa, vuoi per comodità o per la paura di non farcela da sola.
Il nostro compito non è giudicare ma aiutare la persona nel loro percorso di crescita e autonomia, si rivolga ad uno specialista con cui poter far questo, imparando ad esprimere e gestire le proprie emozioni.
Buona fortuna,
un caro saluto,
Dott.ssa Elena Cutillo

Dott.ssa Elena Cutillo Psicologo a Pavia

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22 SET 2021

Buongiorno Erika,
non esistono le cattive figlie, esistono le relazioni complesse e i ruoli familiari all'interno di sistemi familiari complessi.
La sua decisione ha probabilmente destabilizzato il suo sistema familiare perchè ha comportato un cambiamento importante.
Legittimo avere il desiderio di occuparsi di sè e della propria vita, legittimo anche desiderare di mantenere un legame con la sua famiglia, senza un distacco totale. Sono due esigenze che possono entrare in conflitto tra loro e crearle disagio.
Si può provare a farle dialogare e a negoziare perchè siano soddisfatte entrambe.
Dimostra ambivalenza anche sua madre, che prima l'attacca e poi le chiede scusa.
Valuti la possibilità, Erika, di un sostegno psicologico in questo momento di passaggio.
Le auguro giorni più sereni
Dott.ssa Franca Vocaturi

Franca Vocaturi Psicologo a Torino

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22 SET 2021

Cara Erika,

è più che giusto che dopo essersi addossata il ruolo di padre e madre che sarebbe spettato ai suoi genitori, senta l'esigenza necessaria e vitale di vivere appieno il suo ruolo di figlia e partner del suo ragazzo. Quello che ha sopportato finora, in un dolore sommerso dalle parole non dette che sono diventati man mano nodi sempre più stretti e inestricabili, l'ha logorata gradualmente nel non sentirsi degna di pronunciare le parole: " Anche io ho bisogno di esprimere la mia sofferenza."
Fino adesso si è sacrificata per la sua famiglia come se fosse un genitore, non potendo vivere nella famiglia il suo legittimo ruolo di figlia. Quindi non si faccia alcuno scrupolo perché è stata stoica per fin troppo tempo e per quanto riguarda compiti che non competevano a lei.
Rispetto al suo scoppiare in lacrime quando deve esprimere le sue emozioni, la invito a intraprendere un percorso psicologico per riattivare le sue preziose risorse, elaborare la sofferenza alla luce delle sue relazioni significative e riattivare in lei maggiore autostima unita a una maggiore fiducia in se stessa.
Sono a sua completa disposizione, anche online.

Dott.ssa Francesca Orefice.

Dott.ssa Francesca Orefice Psicologo a Bologna

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22 SET 2021

Buongiorno Erika,
Hai un cuore grande e hai aiutato oltre il tuo bene. Non permettere che la mancanza di riconoscenza degli altri possa risucchiarti anche l’altro bene che hai dentro di te che è la tua autostima.
Hai compiuto una scelta giusta e coraggiosa mettendo i passi nella direzione della costruzione della tua autonomia. Vai avanti!
Esiste un detto che recita così: dai un pesce ad un uomo e lo sfamerai per un giorno; insegnagli a pescare e lo avrai sfamato per la vita.
Puoi supportare loro in questo modo, aiutandoli a trovarsi un lavoro per quello che ti è possibile. È il modo più efficace ed efficiente di aiutare.
Volevo solo attenzionarti una cosa: il rapporto di simbiosi con la mamma è da sanare. Probabilmente è questo che ti procura tanta sofferenza e ti offusca al momento di prendere una scelta giusta.
Ti incoraggio a farti aiutare se percepisci che non riesci a svincolarti nel modo corretto.
Ti auguro il meglio e resto a disposizione
Dott.ssa Oriana Parisi

Dott.ssa Oriana Parisi Psicologo a Bari

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