Sentirsi come un disco rotto

Inviata da Giulia · 4 apr 2016 Disturbo bipolare

Mi sento come un disco rotto. Lo sono sempre stata. Mi sento in colpa. Qualche giorno fa ho avuto l'ennesima discussione in famiglia. I miei genitori si lamentano del fatto che sono sempre triste, instabile e che tendo ad estremizzare i miei sentimenti negativi di fronte ad un fatto e che devo cambiare questo parte del mio carattere, perché insopportabile per gli altri. E che non devo creare problemi alle altre persone, specie in famiglia con il mio silenzio. In questi ultimi mesi, anche se mi è capitato molte altre volte prima in vita mia, alterno tra momenti di tranquillità e momenti in cui vado in crisi, come chiudermi in silenzio, piangere, essere aggressiva ed irritata o non parlare con nessuno quando sono in casa. Molti giorni mi alzo e piango appena scattano le mie frustrazioni, senza un motivo apparente e ben visibile da mostrare alle persone vicine a me. A volte passo intere giornate chiusa al buio nella mia stanza senza voler fare nulla e uscire e a meditare tutti i modi per cui “dormire per sempre” e porre fine a questi miei disagi. Tutto il mio male viene da dentro e non so come esprimerlo. La mia famiglia non mi capirebbe e non mi capisce. Ci ho provato più volte ad esprimerlo ed è andata sempre male. I miei genitori diventavano ancora più irritati dai miei atteggiamenti, ottenevo risposte che non volevo sentire oppure semplicemente non ricevevo la delicatezza, l'attenzione o la comprensione che speravo. Secondo loro sembro una bambina capricciosa, insoddisfatta e ingrata, perché ha tutto quello che ho bisogno nel mondo e tutto ciò che desidera. Ma non mi sento così. Mi sento sola, angosciata, frustrata, in gabbia e penso che il mio futuro non sarà mai migliore del mio passato e presente.
Mi sento come un disco rotto perché mi sento lacerare sempre di più dentro e non so come esprimerlo alle altre persone. Tutte le volte che l'ho fatto, finivo per essere più frustrata di prima. Quando sono frustrata il pensiero che mi viene in mente più spesso è di volermi cancellare, sparire, staccare definitivamente dal mondo di in faccio parte. A 10 anni pensavo che se fossi morta tutti sarebbero stati meglio perché mi sentivo sola, isolata dai miei stessi compagni di classe, incompresa dalla mia stessa famiglia, stavo male, e tutti erano irritati “dai miei capricci”. A 13 anni appena c'era un forte litigio con i miei genitori mi affacciavo fuori dalla finestra e mi immaginavo sempre di cadere da essa, a 17 anni pianificavo e leggevo sui fogli illustrativi quali effetti mi avrebbero causato se fossi finita in overdose di farmaci appena consideravo l’idea che la mia famiglia volesse abbandonarmi o ripudiarmi. Man mano che crescevo appena stavo male pensavo ad ogni violenza che potessi fare su me stessa. Fino a qualche mese fa per contenere queste mie crisi prendevo il cartone e lo foravo con i oggetti appuntiti e taglienti perché, nonostante avessi il desiderio, non avevo il coraggio di farlo su me stessa per la vergogna. Sto male anche per il fatto di pensarci. Non dovrei farlo, ma questi pensieri mi hanno sempre accompagnata da tanto tempo. Più di un anno fa ho perso una vecchia amica anoressica e ho visto i suoi genitori devastati per questo, mi sento in colpa anche perché non voglio far star male la mia famiglia. Non sono felice e non so che cosa fare per esserlo. Cerco di sorridere, ma appena sono sola o qualcosa va storto ripiombo nella mia angoscia. Ora ho 21 anni e mi pesano. Mi sento di essere intrappolata in una gabbia fatta di aspettative personali deluse e sogni infranti. Non mi sento libera e serena. Ovunque vada queste frustrazioni mi perseguitano, come non aver mai soddisfatto le mie aspirazioni personali, di aver sacrificato tutti i miei desideri per soddisfare gli altri (la mia famiglia soprattutto), la mia solitudine, il dialogo difficoltoso e a volte assente della mia famiglia, come quando sono convinti che tutto stia andando bene e che sono io a voler rovinare tutto quando ho “qualche anomalia” (come quando sono triste o arrabbiata per qualcosa o con loro) e il fatto di non essere compresa del tutto da nessuno. Sono da poco in psicoterapia nel consultorio della mia città, ma certe volte provo sensi di colpa dopo aver parlato con il mio psicologo “dei miei problemi”, perché ne parlo tenendo tutto all'oscuro della mia famiglia e ne parlo con un “elemento esterno” perché non sono in grado di aprirmi con loro.
Sono da troppo tempo in questo tunnel e non so come uscirne. Non so come lasciare tutto questo e sorridere di nuovo e prendere in mano la mia vita e fare tutto ciò che mi renda felice. Mi risulta difficilissimo. Ho sempre vissuto in maniera passiva la mia vita, e anche se ho la possibilità di fare qualcosa che potrebbe farmi bene per me risulta una fatica insormontabile.

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Miglior risposta 6 APR 2016

Cara Sara,
mi rattrista leggere il tuo dolore che è grande e parte da lontano, addirittura dalla pre-adolescenza.
Non sempre è facile individuare da dove nasce questo malessere ; può nascere dall'ambiente familiare o da traumi esterni alla famiglia ma altre volte sembra nascere da una sorta di predisposizione caratteriale e comunque il confine tra ciò che è ambientale e ciò che è genetico può non essere ben distinto.
Oltre a ciò è da sottolineare la frequente mancanza di consapevolezza e competenza da parte dei genitori di un figlio che attraversa una crisi personale di tipo esistenziale con problemi sul versante del tono dell'umore e ciò non facilita il superamento della crisi stessa.
Spesso i genitori, per i motivi di incompetenza già citati, pensano che assicurare ai figli il soddisfacimento dei bisogni materiali sia sufficiente per il loro benessere e per la loro felicità.
Chi si trova, come te, in una condizione di depressione può desiderare di morire e a volte può arrivare a progettare il suicidio per la completa e definitiva perdita della speranza (hopelessness) che le cose possano migliorare e tu stessa dici "il mio futuro non sarà mai migliore del mio passato e del mio presente".
Ebbene, questo è un grave errore cognitivo perchè è assolutamente certo che invece le cose prima o poi cambieranno e in questo cambiamento una parte non piccola dipende dalla persona stessa che, anche con sforzo, deve imparare a prendersi cura di sè in modo attivo spendendo le energie residue per il bene e per la vita anzichè per il male e per la morte, specie quando si è così giovani come te.
Questo è quello che stai iniziando a fare con il percorso di psicoterapia che devi però portare avanti senza interromperlo precocemente.
Non devi poi sentirti in colpa per il fatto che riesci a parlare dei tuoi problemi con una "persona estranea" anzichè con i tuoi familiari perchè questa persona estranea è un professionista che ha quelle competenze che, come ti dicevo, mancano ai tuoi genitori.
Per di più, sarà lo stesso terapeuta che ti insegnerà poi, in seguito, a parlare in modo costruttivo e non distruttivo con i tuoi familiari, magari anche sull'argomento stesso della psicoterapia che, mi sembra di aver capito, tieni nascosto.
Penso che la felicità e/o l'infelicità non è solo qualcosa che dipende dal caso o dal destino ma è anche qualcosa che si costruisce con la fede, la buona volontà e l'intelligenza, qualità che spero tu possa mettere a disposizione in questo tuo processo di crescita.
Un caro saluto.
Dr. Gennaro Fiore
medico-chirurgo, psicologo clinico, psicoterapeuta a Quadrivio di Campagna (Salerno).

Dott. Gennaro Fiore Psicologo a Quadrivio

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4 APR 2016

Cara Sara
c'è tanto dolore in te e però sei dolce e anche acutamente consapevole di tutto quello che ti sta succedendo dentro da tanto, troppo tempo...e, ora, si comprende che tu sia molto abbattuta.
Io credo che non è che i tuoi genitori non ti capiscano ma è che la complessità dei tuoi problemi è tale che ci vorrebbe una figura esperta per poterti dare davvero l'appoggio importante che ti serve... sai, i genitori più che dirti di stare allegra e serena cosa possono fare?
Tu non vuoi dare loro ulteriori problemi, però dovresti cogliere i momenti in cui con loro è possibile parlare per poterti aprire e far comprendere che i tuoi disagi non sono dovuti a "capricci" o a cattivo carattere ma a problemi profondi.
Chiedi loro aiuto e parla della possibilità di trovare uno psicoterapeuta che possa aiutarti a superare e curare questa crisi che dura da troppo tempo e che fa male a loro ma, soprattutto, a te.
Io spero tu possa trovare la forza di farti aiutare, sei una ragazza che merita tanto.
Un caro saluto
Dott. Silvana Ceccucci psicologa psicoterapeuta.

Dott.ssa Silvana Ceccucci Psicologo a Ravenna

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4 APR 2016

Gentile Sara, tra le parole del tuo messaggio di fatica e dolore, me ne sono rimaste impresse tre: gabbia, disco rotto, passività.

Come si collegano tra loro? Se potessi rovesciare queste parole e trasformarle in parole che ti diano una nuova possibilità e soluzioni per il futuro, in quali parole le trasformeresti?

Il percorso al consultorio che stai seguendo è un ottimo passo per prendere in mano la tua vita. Cogline il più possibile.

Resto a disposizione.
Un saluto
Dott.ssa Francesca Fontanella

Dott.ssa Francesca Fontanella Psicologo a Rovereto

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