Mio figlio non pensa al futuro
Buongiorno,
volevo un parere su una situazione famigliare completamente in stallo e dalla quale sembra non ci si riesca ad allontanare.
Si tratta di mio figlio di 19 anni, che ha appena terminato il primo anno di Ingegneria con risultati non brillantissimi. Nel corso dell’anno ha tentato più volte molti esami prima di riuscire a superarli (con voti non altissimi), e ora ne rimangono alcuni (già provati e non andati a buon fine) alla sessione di settembre.
Il problema è che il ragazzo sembra apatico, studia in modo saltuario continuando a interrompere la concentrazione per controllare Facebook e e Whatsapp o passare tempo a guardare video di cosiddetti Youtubers. Durante il semestre non ha riguardato regolarmente le lezioni, trovandosi a una settimana dall’esame a dover studiare da zero cose di cui non aveva nemmeno idea.
Non ha sviluppato un metodo di studio, e ogni volta che deve affrontare qualche esercizio o concetto che non capisce immediatamente, invece di insistere fino a raggiungerne la comprensione, lascia perdere. Questo è il campanello d’allarme più serio, perché sembra da tanti atteggiamenti che sia il suo approccio nei confronti della vita in generale, e così è molto preoccupante.
Sono anni che io e mio marito combattiamo con questo atteggiamento, e abbiamo provato diverse strategie per fargli capire che deve mettersi in riga e che lo studio è sacrificio, richiede tempo. Gli abbiamo spiegato che è il suo lavoro e che quindi deve impegnarsi, perché la scelta è stata sua, e che ora sta ponendo le basi per il futuro. Gli abbiamo spiegato che nella società di oggi, soprattutto in Italia, la competizione è feroce e bisogna fare del proprio meglio. Gli abbiamo detto che deve cambiare il suo approccio, abbiamo provato a minacciarlo di tenerlo a casa dall’università se le cose non cambiano, ma sembra che tutto questo non abbia sortito alcun effetto.
Non riusciamo a venirne a capo, perché in famiglia siamo tutte persone dedite al proprio lavoro, anche se non è il lavoro dei nostri sogni, e abbiamo sempre cercato di trasmettere l’importanza dell’impegno e del sacrificio. Nostro figlio più grande ha interiorizzato questi valori, e si è sempre impegnato molto in tutto quello che fa (ora sta facendo un dottorato di ricerca), per cui non riusciamo a capire come l’altro ragazzo sia impermeabile a tutto questo.
A tutto ciò si unisce il fatto che ormai il ragazzo ha sviluppato un’arroganza spiccata che per lui non è tale però. Lui dice che non conosce ancora la chiave su come affrontare l’università, ma al tempo stesso afferma che non è detto che nemmeno noi la conosciamo e quindi per partito preso non accetta i nostri suggerimenti (e quelli del fratello, che ha fatto l’università e quindi ha sicuramente più credenziali di me e mio marito per dispensare suggerimenti). Questa non è arroganza sentendo lui, ma io credo che lo sia: se la tua strategia non porta i risultati sperati e dall’esterno ti arrivano suggerimenti, prova ad adottarli per vedere se le cose cambiano; se non lo fai e continui sulla tua strada, allora sei arrogante. Inoltre, lui dice che io e suo padre non capiamo niente, come se le nostre parole fossero immani sciocchezze prive di fondamento.
Il discorso è che i nostri suggerimenti sono quelli canonici di studiare giorno per giorno e che comunque è necessario spendere ore sui libri per ottenere risultati e prepararsi al futuro, e ovviamente tutto questo richiede dedizione e fatica, perché sottrae tempo alle altre attività che tutti preferirebbero fare. La sua frase è stata "preferisco fare altre cose a studiare", e su questo siamo tutti d’accordo (mio marito preferirebbe sicuramente giocare a tennis piuttosto che stare in cantiere sotto il sole); è comunque estremamente preoccupante che un ragazzo di 19 anni risponda in questo modo. L’impressione è che lui creda di essere più furbo degli altri, e che creda fermamente di essere in grado di trovare un metodo di studio che gli permetta di ottenere risultati senza fare fatica.
Lo abbiamo lasciato in pace per permettergli di maturare col tempo in modo autonomo, ma non è evidentemente successo, quindi stiamo cercando di prendere in mano la situazione, sperando di avere ancora margini per correggere questo suo atteggiamento (anche perché comunque l’università con tutto quello che ci orbita attorno è una spesa).
Abbiamo provato a non dirgli niente, ha provato il fratello a parlargli più volte, lo abbiamo minacciato, lo abbiamo punito, proveremo a farlo lavorare in cantiere col padre perché si renda conto (il ragazzo ha gia’ detto che non vuole andare e che vuole fare vacanza), ma siamo sempre in questa situazione di stallo e l’aria a casa è pesante, perché noi siamo preoccupati e irritati da questo suo approccio nei confronti dello studio (e della vita in genere), e lui è insofferente verso di noi, quasi ai ferri corti. Ci tengo a ribadire che la nostra è una famiglia normale, io e mio marito non abbiamo potuto studiare e abbiamo raggiunto un po’ di solidità lavorando molto e risparmiando, rinunciando a molte cose. I figli sono però sempre stati messi nelle condizioni migliori possibili per studiare e fare la vita che dei ragazzi si meritano.
Il ragazzo esce la sera senza problemi, si sposta col motorino, gli è stata pure comprata una macchina perché fosse indipendente (macchina che poi è stata sfasciata dopo pochi mesi dopo essere uscito di strada da un tornante, in circostanze ancora da chiarire per certo)…diciamo pure che il ragazzo ha magari avuto anche il superfluo. Tutto questo è stato fatto forse per aiutarlo a superare dei problemi (ora superati) di sostanziale ritardo nella crescita adolescenziale, che a 15-16 anni possono causare enormi complessi (l’endocrinologo ha suggerito a suo tempo un trattamento che abbiamo seguito per accelerare il processo), ma ora questo non può più essere un alibi.
Non sappiamo veramente più che pesci pigliare: noi abbiamo ancora la speranza che le cose cambino, ma non è corretto nei nostri confronti aspettare che questo accada naturalmente a questo punto (è anni che combattiamo con questo atteggiamento e attendiamo invano)…non siamo disposti a dare ancora tempo al ragazzo, visto che non è servito dargliene finora.
Potrebbe essere un’idea far parlare il ragazzo con uno specialista per capire il motivo di questo atteggiamento e se alla base ci sia qualche disagio del quale non riusciamo a renderci conto?
Grazie per la collaborazione,
Lorenza