Interruzione psicoterapia. Consigli?

Inviata da Francesca · 13 mar 2017 Psicologia risorse umane e lavoro

Gentili Dottori, sono una ragazza di 24 anni e da 9 mesi sono in terapia presso una psicologa psicoterapeuta a indirizzo cognitivo.

Mi ci sono recata a causa di disturbi di ansia, calo dell'umore e altri sintomi analoghi. In realtà nulla di troppo invalidante: non mi ritengo una paziente molto problematica, ma di fatto quello che avvertivo era a mio avviso una conseguenza di alcuni nodi che avevo da sciogliere.

Con il tempo le cose sono nettamente migliorate. I malesseri che accusavo, ora non sussistono più, ma di fatto, volendo lavorare, c'è sempre molto materiale su cui mettersi in gioco e in discussione.

Da alcuni mesi sto valutando se interrompere la terapia: sono consapevole di non aver sciolto tutti i nodi di cui sopra, ma ora mi sento più libera, autonoma e padrona di nuovi strumenti e punti di vista da usare all'occorrenza.

Vorrei poi interrompere anche per altri motivi, che mi pesano un po' e per questo volevo chiedere un vostro parere (in effetti lo vedo come un problema parlarne direttamente con la mia terapeuta).

Da un po' di tempo sto valutando il fattore "costo": non voglio che si entri nei soliti discorsi scontati, perché non la vorrei vedere come una scusa. Le spese sono sostenute dai miei genitori, che non sono ricchissimi, ma comunque se lo possono permettere e lo fanno volentieri. A me però comincia a pesare tutta questa richiesta di denaro, considerato che già mi pagano gli studi (tasse universitarie e alloggio) e altre spese mediche in libera professione. Senza contare che ora come ora, forse, investire la somma corrispondente in altre cose, tipo svaghi, darebbe risultati più interessanti.
Attualmente la cifra che pago è 85. Ma non vorrei focalizzarmi troppo sul numero.
Il discorso è che uno paga tot. quando riconosce quel valore nella prestazione erogata.
Non voglio criticare in modo distruttivo la mia terapeuta: è una cara persona, molto preparata, con tanta esperienza e formazione alle spalle, motivata e che si impegna.
Tuttavia spesso ho l'impressione che non abbia senso per me pagare così tanto per il servizio che mi offre. E non perché sia incompetente, piuttosto perché ormai le cose su cui mi fa riflettere mi sembrano banali e scontate. Qualche volta glielo ho fatto notare.
Come dire, non mi sembra sufficientemente stimolante.

Mi sembra che ultimamente sia più lei a trarre beneficio dal colloquio con me, che il viceversa. Lo so, è una affermazione presuntuosa, ma di fatto, a colloquio finito, ultimamente quando torno a casa mi trovo più a riflettere su quanto valga la pena continuare piuttosto che sugli stimoli dati in terapia (su quelli in genere co ho già riflettuto in anticipo).

A volte penso che mi faccia continuare solo perché gli fa comodo. Alla fine, con tutto quello che guadagna... Credo che tutti sarebbero tentati. Poi mi dico che sto esagerando.

Tuttavia mi trovo in difficoltà a parlare con lei di tutte queste cose. A fronte di un suo impegno, mi sembrerebbe di svalutarla e inoltre puntare il dito sui guadagni altrui non mi sembra molto corretto.

Credo che, dunque, parlandone in terapia, si arriverebbe a un punto cieco.

Che consigli mi date dunque al fine di prendere la decisione corretta?

Grazie per l'attenzione.

F.

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Miglior risposta 14 MAR 2017

Salve Francesca
Capisco ciò che riferisce, il fattore costo può sembrare banale, ma è reale e comunque incidente sulla motivazione alla terapia.
Mi sembra di capire che questo fattore ci sia sempre stato e che ad oggi si fa sentire maggiormente perche le motivazioni alla terapia stessa forse sono cambiate.
Purtroppo la cosa più immediata da dire sarebbe quella di parlarne con la sua terapeuta; capisco che potrebbe avere il timore di sembrare svalutante, ma l'obiettivo dei professionisti di questo settore è quello di fornire a coloro che ci si rivolgono le strategie necessarie per attivare un'autonomia nella gestione (come in questo caso) delle paure/ansie.
Se ritiene di aver acquisito queste strategie, lo faccia presente e insieme valuterete le soluzioni possibili (frequenza maggiore tra un incontro e l'altro, chiusura della relazione terapeutica, ecc.)
Solo la sua terapeuta che la conosce da un po' di tempo ha la possibilità di mostrarle le opzioni più opportune al suo caso specifico.
Spero di esserle stata d'aiuto
In bocca al lupo
Dottssa Fabrizia Tudisco psicologa Napoli

Dott.ssa Fabrizia Tudisco Psicologo a Napoli

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16 MAR 2017

Gentile Francesca, credo che per avere un buon percorso psicoterapico dall'inizio alla fine sia importante non omettere o nascondere nessun particolare. Fossi in lei, parlerei onestamente con la terapeuta, precisando le aree che risultano essere in miglioramento o addirittura risolte ( e che sicuramente sono state oggetto di terapia fin dagli inizi del vostro lavoro), e raccontando che i nuovi elementi di lavoro su cui vi state incentrando non sono così invalidanti o problematici per Lei nell'attuale. La possibilità di ritornarci sopra in un eventuale futuro ci sarà sempre. Se il percorso di psicoterapia si conclude in modo condiviso e chiaro porta una maggior serenità al paziente nel momento in cui in futuro dovesse sentire la necessità di ricontattare il terapeuta.
In bocca al lupo per tutto
Cordialmente
Dott.ssa Annalisa Caretti

Studio Dott.ssa Annalisa Caretti Psicologo a Verbania

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14 MAR 2017

Salve Francesca,
la invito a riflettere sul fatto che lei sente di interrompere la terapia e non concludere la terapia.
Se gli obiettivi sono stati raggiunti, o si sente di poter camminare con le proprie gambe la terapia si può concludere, altrimenti la si vive come una interruzione.
Mi sembra che lei ragioni nei termini di "pago tanto, voglio ricevere tanto", ma in una terapia non sempre è così, le oscillazioni sono normali. Questo suo ragionamento potrebbe essere uno spunto su cui lavorare.
E' opportuno che lei si confronti con la terapeuta. A volte si continua a vedere un paziente tutte le settimane, perché pensiamo che sia lui a sentirne la necessità. E' sempre meglio parlarsi. Potreste anche valutare di cominciare a dilazionare le sedute.
dr.ssa Pugno

Associazione Eco Psicologo a Torino

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14 MAR 2017

Buonasera Francesca, purtroppo non ha molte vie. Ne dovrebbe parlare con la sua terapeuta. Essendo una terapia cognitiva, immagino vi siate date degli obiettivi clinici che lei sente siano stati raggiunti. A questo punto, dunque, o si comincia un percorso di separazione dalla terapia (prima due volte al mese, poi una volta, etc...circa, perché questa non è una modalità valida per tutti i terapeuti) oppure si ridiscute il contratto terapeutico (e, magari, anche la diversa fatturazione della parcella) con nuovi obiettivi clinici (sempre che la collega sia d'accordo che i precedenti, ormai raggiunti, possano essere sostituiti). Dunque, se per tanti mesi è riuscita a coinvolgersì emotivamente con la collega, renderla partecipe dei suoi dubbi non è altro che una continuazione di una buona relazione terapeutica.
Buona fortuna
dott. Massimo Bedetti
Psicologo/Psicoterapeuta
Costruttivista-Postrazionalista Roma

Dott. Massimo Bedetti Psicologo a Roma

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14 MAR 2017

Buongiorno Francesca,
comprendo la sua difficoltà nel condividere direttamente con la sua terapeuta ciò che ha descritto precisamente nella sua richiesta.
La invito però a riflettere sul fatto che, con la collega, ad inizio percorso vi eravate poste degli obiettivi che mi pare abbiate raggiunto con reciproca soddisfazione. Come giustamente lei afferma ci sono sempre nodi sui quali lavorare ma può anche darsi che lei in questo momento non voglia affrontarli o non li reputi così significativi. Le suggerisco quindi di parlare con la collega del suo desiderio di terminare il percorso intrapreso insieme (poiché è soddisfatta di dove siete arrivate e riesce a gestire in autonomia l'ansia e la quotidianità) in maniera di trovare la modalità più adeguata.
In futuro qualora avesse bisogno di fare un altro "pezzetto" con la collega, sono sicura che la porta per lei sarà sempre aperta.
Cordiali saluti
Dott.ssa Barbara Testa
Como

Barbara Testa Psicologo a Cernobbio

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