Ansia destabilizzante ed i miei genitori non mi aiutano
Buonasera agli utenti e agli specialisti che avranno la pazienza e la cortesia di leggermi. Risulterò alquanto prolissa ma cercherò di fornire più informazioni possibili per rendere più accessibile la mia storia. Sono una ragazza di 30 anni e fin da quando ero bambina, ho sempre sofferto di ansia che veniva "sedata" tramite la somministrazione di una benzodiazepina prescritta dal medico di base. La mia situazione familiare era un po' particolare: una madre istrionica e iper controllante, un padre che se ne andava di casa almeno una volta l'anno per gli scontri con la suddetta e una sorella di dieci anni più grande (figlia di un altro uomo) con la quale non sono mai andata d'accordo. Soffrivo molto per la situazione ma l'affetto di mio padre mi portava a combattere. Alla fine del liceo andai a stare in un altro appartamento perchè a casa per me era diventata una situazione insostenibile, cominciai Giurisprudenza e un lavoretto che mi permetteva di sostentare la vita di una ventenne, l'ansia c'era, ma bussava prepotentemente nel periodo degli esami, lasciandomi vivere per il resto una vita accettabile. Dopo un po' mi resi conto che nonostante il successo negli esami, quella facoltà non faceva per me, la avevo scelta per gratificare i miei e così la lasciai e feci il test di ammissione per Psicologia, forse ancora ad oggi, l'unica scelta autonoma e consapevole della mia vita. Nel 2007 cominciarono i problemi. Ebbi il mio primo attacco di panico nel supermercato di un centro commerciale e da lì cominciò il calvario: avevo paura ad uscire da sola in luoghi affollati, evitavo di sbrigare commissioni, ansia da prestazione per gli esami, insicurezza cronica negli affetti. Ebbi relazioni che feci finire sempre male, all'università andavo a rilento, non trovavo un lavoro, insomma non riuscivo ad avere un progetto di vita e continuavo la mia dipendenza decennale dall'Ansiolin. Consultai uno psichiatra che mi diagnosticò una depressione che cominciò a curarmi con Entact. E il peggio doveva ancora venire. Nel 2010 mio padre se ne andò definitivamente da casa e io andai a vivere con un ragazzo e cominciai un'altra relazione terapeutica con altra psichiatra a causa del cambio di residenza, la cura proseguiva con antidepressivo e ansiolitico, ma io continuavo a star male e a non dare una svolta alla mia vita. Mi laureai, e un anno dopo mi chiusi in una stanza, stanza dalla quale non uscirò neanche per andare in bagno, per sette mesi. E' il 2014 e il mio compagno saturo della situazione mi lascia (tra l'altro con un debito a mio carico accumulato a mia insaputa di 25000 euro), mio padre si era rifatto una vita e mia madre non mi rivoleva in casa pertanto mi obbligarono al ricovero in clinica neuropsichiatrica. Non riesco neanche a digitare quella parola senza piangere, ero sola, impaurita, mi imbottivano di farmaci senza altre terapie e io vivevo in un totale stato di abbandono. Il termine odio è troppo forte, ma non perdonerò mai i miei genitori per quel gesto. Dopo settimane dovettero dimettermi, perchè comunque non ero in preda a psicosi da dover tenere sotto controllo in una struttura e mia madre dovette riaccogliermi in casa. Ormai è un anno che sono qui e i miei sintomi ansioso depressivi non fanno che peggiorare nonostante io segua scrupolosamente una terapia psichiatrica (dottoressa contraria alle benzodiazepine che quindi mi ha tolto, proseguendo con antidepressivo) . Mia madre mi tormenta ogni minuto della giornata dicendomi che sono un fallimento e una delusione come figlia e persona, mi punisce come se avessi ancora dieci anni e non fa altro che vomitare cattiverie su mio padre invischiandomi in un triangolo dal quale non riesco a liberarmi da 30 anni, mi paragona sempre a mia sorella "la figlia perfetta che non ha mai dato problemi". MIllanta di voler rendermi la vita un inferno per costringermi ad andare via non capendo che io sarei la prima a non voler voltarmi più indietro. Accuso una forte ansia, non riesco a concentrarmi neanche sulla lettura di un libro, se sono fuori sento come i sensi alterati con vista appannata e percezione distorta di luci e suoni, sono come in un acquario. La cosa che mi spaventa è che da tre mesi non sento più le mani (che poi è il motivo che mi ha spinto a scrivere qui), è difficile da spiegare, a livello sensoriale è tutto a posto, ma non le riesco ad usare, è come se non mi appartenessero e ad ogni azione devo mettere in atto un faticoso controllo mentale ripetendomi interiormente passo passo cosa fare e questo mi frena anche nella ricerca di un lavoro e di un'indipendenza. Sono stanca, ho paura di tutto e i rinforzi negativi di mia madre attentano a una situazione già precaria. Purtroppo non posso permettermi una terapia privata e la mia psichiatra sostiene che alla mia asl gli specialisti siano oberati di lavoro e che quindi non c'è disponibilità. Sento che sto per cedere e mi scuso davvero per il poema, ma da una parte volevo che la situazione vi fosse il più chiara possibile e dall'altra, scrivere mi aiuta un po' ad esorcizzare il dolore e riordinare le idee. Ringrazio anticipatamente chiunque avrà un consiglio, o anche solo una parola gentile per me. Un caro saluto.