Terrorismo, tutti abbiamo paura

Tutti abbiamo paura, inutile negarlo. I titoli sensazionalistici aumentano ansie e preoccupazioni. Ma cosa dobbiamo dire ai nostri figli?

30 DIC 2015 · Tempo di lettura: min.
Terrorismo, tutti abbiamo paura

I bambini hanno paura, assuefatti a immagini che non sono sempre alla loro portata. Le mamme hanno paura, quelle stesse mamme orgogliose di aver dei figli cittadini d'Europa. Hanno paura i cristiani e hanno paura pure gli islamici.

Ci hanno insegnato che quando un fenomeno si conosce la paura dovrebbe diminuire, eppure nonostante le maratone televisive, gli speciali di approfondimento e la miniera d' informazioni prodotte dai media, rimane la sensazione di non aver ancora capito cosa stia succedendo.

I titoli sensazionalistici che parlano di "terza guerra mondiale" e le dichiarazioni dei leader politici di tutto il mondo non fanno altro che alimentare ansie e preoccupazioni per un "male" che c'è, ma del quale nessuno ancora conosce l'effettiva portata. Sappiamo che c'è un "cancro" nel mondo, ma non sappiamo altro e questo ci spaventa e in ultimo crea terrore. Quello che abbiamo imparato la notte del tragico venerdì 13 francese è che ciò che sta accadendo "è imprevedibile". E così tutte le paure non elaborate diventano terrore. L'impossibilità di dare un senso alla paura annienta le difese psicologiche producendo una sorta di paralisi intellettuale.

Colpire negli spazi di libertà personali, al bar, allo stadio, al concerto, produce una valanga di assoluto terrore, limita lo spazio di vita riducendo quelle attività sociali e culturali che rappresentano una parte essenziale per tutti gli esseri umani. Volevano terrorizzarci e ci sono riusciti!

Cosa dire ai nostri figli, anche a i più piccoli?

La verità. Spiegando che il terrorista non è un matto che ha perso la ragione ma che è responsabile delle proprie azioni. Inutile presentare un mondo tutto rose e fiori. In fondo, i nostri figli sperimentano ogni giorno che il male esiste, abbiamo loro raccontato fiabe con personaggi cattivi e sanno cos'è un martire (è terribile pensare che qualcuno possa rinunciare alla propria vita per una causa ma di esempi, nel bene e nel male, ne conosciamo molteplici).

Hannah Arendt diceva «che l'azione morale nasce dal dialogo interiore e proprio l'assenza, l'incapacità di questo dialogo trasforma persone banali in agenti del male».

Questo è un monito per le generazioni che formiamo. Coltiviamo il dialogo interiore, l'onesta intellettuale e relazionale, non dobbiamo avere paura di prenderci cura "dell'anima"( mi sembra quasi di usare una parola dimenticata). Eppure solo creando uomini capaci di essere in pace con se stessi potremmo formare quegli operatori di pace che in questo momento storico solo "un uomo venuto dalla fine del mondo" non ha smesso di cercare

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Scritto da

Anonimo-136240

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