Solitudine con le ali

La solitudine può essere vissuta con più o meno piacere, a volte con ansia e terrore. Ma che cosa si cela dietro tali emozioni? Come imparare a a scegliere le persone che ci stanno accanto?

2 MAG 2014 · Tempo di lettura: min.
Solitudine con le ali
Ricercata da alcuni come momento fecondo e prezioso, temuta da altri come un vero e proprio inferno dantesco, la solitudine è da sempre causa di enormi sofferenze. Alcune persone accusano persino sensazioni di malessere fisico come quella di un freddo paralizzante nel petto o di una parte “strappata”, mancante del proprio corpo.

Sappiamo anche che è possibile stare soli senza provare questo penoso senso di vuoto e di abbandono, anzi, che possiamo vivere “pienamente” la solitudine, sentire il brivido di poter esprimerci in totale libertà o il piacere di dedicare tempo e attenzione a noi stessi. In questi momenti è come se entrassimo in contatto con il nostro “centro” vivo e fecondo e con il rassicurante pensiero delle persone per noi significative.

La solitudine quindi, per quanto possa essere reale, oggettiva, non viene percepita come tale se siamo nutriti da un calore interno, da un punto di riferimento costante dentro di noi.

Quando la solitudine invece è vissuta come una dolorosa condanna, i fantasmi che ci affliggono sono antichi compagni di infanzia, di un tempo in cui eravamo totalmente dipendenti dall’amore e dalla cura di un adulto. Sono i nostri primissimi rapporti, in particolare quello con la madre, a determinare in gran parte la formazione o il venir meno di questo “nucleo caldo”, di questa riserva d’amore alla quale possiamo sempre attingere per non sentirci completamente soli e abbandonati.

Diverso è il caso di sentirci “soli in compagnia”, quella dolorosissima forma di solitudine nella quale, nonostante si viva in un ambiente “affollato”, come nel caso di molte famiglie, non esiste un vero e proprio scambio affettivo, quel filo sottile che ci lega agli altri, attraverso il quale possano fluire quel nutrimento e il calore di cui abbiamo tanto bisogno. Questa situazione è particolarmente destabilizzante perché non riusciamo a trovare nella realtà che ci circonda la “conferma” obiettiva del nostro dolore più profondo.

Se la solitudine è vissuta con angoscia, come uno “spauracchio” da cui scappare, la persona può rimanere intrappolata in rapporti mediocri o del tutto insoddisfacenti, rapporti “a portata di mano” o in attività futili solo perché così “sta in compagnia” e scaccia l’intollerabile vuoto.

Nei rapporti di coppia è importante capire quali motivazioni inconsce ci portano a scegliere sempre la persona “sbagliata” o ad interessarci di qualcuno al quale non riusciamo a piacere, o invece a disprezzare chi ci desidera. Altre persone si trovano sempre alle prese con situazioni triangolari, coinvolgendosi sempre con partner già impegnati che non possono appartenere loro. Altri ancora continuano ad innamorarsi di persone “impossibili”.

Quando qualcuno vive male la solitudine, generalmente è molto impegnato a frequentare il “posto giusto”, dove possa incontrare il partner ideale, ma il problema in realtà è più di tempo che di spazio: se siamo pronti ed interiormente ricettivi per vivere un incontro amoroso, può accadere di incontrare “lui” (o “lei) in luoghi o situazioni impensabili e quando meno ce l’aspettiamo.

In Oriente si dice che “quando il discepolo è pronto, arriva il maestro”, il che significa che se i tempi sono maturi siamo noi stessi ad attrarre la persona o la situazione che si trova nel momento in sintonia con la nostra disposizione interiore.

Nel frattempo buona musica e libri rappresentano un’opportunità di godere la compagnia, oltre che di noi stessi, di pensatori stimolanti e raffinati artisti. La solitudine non deriva dallo stare o meno vicino agli altri, ma dal sentirci mal accompagnati da noi stessi.

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Scritto da

Dott.ssa Virginia Salles

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