Nella stanza dello Psicoterapeuta: l'alleanza terapeutica e la fiducia nella vita

Fiducia vuol dire guardare quali operazioni compiamo per sabotare la nostra autostima e quali processi vogliamo mobilitare per alimentare il coraggio che in momenti di crisi sembra mancarci

19 FEB 2016 · Tempo di lettura: min.
Nella stanza dello Psicoterapeuta: l'alleanza terapeutica e la fiducia nella vita

Si sente spesso parlare di alleanza terapeutica come qualcosa che accade nella stanza di terapia.

Per comprende che cos'è e a che cosa serve l'alleanza terapeutica bisogna avere chiaro che quello che si instaura tra terapeuta e cliente è innanzitutto un legame umano, cioè tra due persone.

Ma a che serve il legame?

Il legame è ciò che ci dà forma. È Bowlby a sottolineare come il legame sia un nostro bisogno primario, cioè necessario alla nostra sopravvivenza. L'attaccamento alla madre è dato nel bambino da una predisposizione biologica innata a ricercare protezione dalla minaccia della separazione, indipendentemente dal soddisfacimento dei bisogni alimentari o di altro tipo.

Perché il bambino impari a esercitare la propria libertà, il legame deve fargli da contenitore: un contenitore che dia il senso del limite e che allo stesso tempo permetta di uscire e rientrare, dopo aver esplorato l'ambiente, con la rassicurazione che sarà ri-accolto dall'amore materno.

Quando terapeuta e cliente entrano in relazione costruiscono un legame che durante tutta la psicoterapia ha la funzione di fare da sfondo rassicurante e contenitivo a un processo di crescita che in quanto tale a volte richiede un atteggiamento di non indulgenza nei confronti ad esempio degli aspetti nevrotici che il cliente porta con sé. Prendo allora in prestito le parole illuminanti di Sergio Mazzei quando dice:

"a mio avviso, solo interiorizzando l'apprezzamento e il riconoscimento di un autorevole oggetto - sé esterno, come può essere vissuto il terapeuta, si ha davvero la possibilità di accettare nuove esperienze e dimensioni di consapevolezza e realizzare un cambiamento stabile nella propria vita colmando un antico buco psichico. Lo sviluppo della capacità di prendere contatto, accettare e lavorare con queste antiche emozioni è, infatti, una conseguenza dell'interiorizzazione della funzione calmante dell'oggetto – sé buono interiorizzato (madre/terapeuta)" (Mazzei, 2010).

Entrare in una relazione terapeutica vuol dire portare nella stanza del terapeuta, ancora prima della domanda specifica, un bisogno più o meno consapevole di affidarci a qualcuno e, potendogli stare di fronte, aprire la porta del nostro mondo più intimo e privato perché ci accompagni a esplorarlo pian piano.

Avere fiducia nel terapeuta vuol dire rischiare di aprirsi e aprendosi verificare che cosa ci torna indietro in termini di emozione, accettazione e appartenenza:

"un sorriso sostenente del terapeuta, quando vissuto autentico ed empatico dal paziente nei confronti delle sue difficoltà, quando viene sentito come rispecchiamento del suo valore, meritato dal suo affrontare i propri mostri e draghi interni, permette al paziente di sperimentare un'energia che gli proviene dal sentirsi compreso e sostenuto che forse non ha mai davvero vissuto prima" (Mazzei, 2010).

Che cos'è quindi quella che chiamiamo alleanza terapeutica? Essenzialmente secondo me è un'atmosfera densa, costruita a partire dal groviglio di vissuti profondi che il cliente sperimenta nella relazione col suo terapeuta e dai rimbalzi emotivi che questi vissuti suscitano nell'anima del terapeuta. È una trama formata da quegli invisibili fili emotivi scoperti dalla relazione, che man mano si allarga e si rinnova, si fa e si disfa continuamente all'interno degli scambi che avvengono tra il cliente e il terapeuta.

Per usare un'espressione di Paolo Quattrini potremmo dire dell'alleanza "non c'è ma fa effetto", volendo intendere che l'alleanza non è una cosa visibile con gli occhi, cioè non esiste come oggetto ma esiste perché funziona. L'alleanza terapeutica non è la somma del terapeuta più il cliente, ma è il clima che tra loro si genera: è quell'insieme che li trascende e per percepirlo dobbiamo vedere l'invisibile che si vede quando non rimaniamo attaccati a una parte o all'altra (terapeuta o cliente).

L'alleanza funziona nel senso che rende possibili dei movimenti altrimenti impensabili. Andare in psicoterapia offre l'opportunità unica di poter sperimentare questi movimenti: esprimendo emozioni come la rabbia, il dolore, la paura, vedendo che cosa accade quando le contattiamo e le mettiamo in parole, immaginando in che modo e in quali situazioni concrete della nostra esistenza potremmo iniziare a utilizzarle. Mettere in moto questo processo è la chiave per attuare dei cambiamenti anche apparentemente minimi da un punto di vista di passi da compiere, ma di grande portata sulla vita. Imparare infatti a utilizzare le proprie risorse e scoprire risorse che non immaginavamo di avere è un passo fondamentale per acquisire fiducia in noi stessi, per sentire che realizzarci personalmente è qualcosa di possibile nel campo degli affetti e dei sentimenti, nel campo professionale, nel campo relazionale familiare e con il gruppo dei pari.

Si tratta di andare a guardare quali operazioni compiamo per sabotare la nostra autostima equali processi vogliamo mobilitare per alimentare il coraggio che in momenti di crisi sembra mancarci.

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Scritto da

Dott.ssa Imbrescia Rita

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