Le emozioni: il nostro linguaggio relazionale

Per imparare a star bene con se stessi e con gli altri è importante ascoltarsi, saper riconoscere ed esprimere i propri vissuti emotivi per scegliere consapevolmente come muoversi nel mondo.

12 OTT 2015 · Tempo di lettura: min.
Le emozioni: il nostro linguaggio relazionale

Cosa sono le emozioni? Come potremo definirle?

Le emozioni sono esperienze personali, intime, soggettive; si radicano e vivono nel corpo.

A cosa servono le emozioni?

Le emozioni sono spinte, una "tendenza verso" o un "allontanarsi da", sono un impulso ad agire, spingono a fare o ci bloccano.

Le emozioni generalmente vengono attivate da pulsioni interne o sono risposte a stimoli esterni.

L'emozione è una reazione immediata a un evento interno o esterno, è caratterizzata da modificazioni fisiologiche, da componenti cognitive, da espressioni motorie e fisiche.

Proviamo a descrivere il percorso di un'emozione:

  1. il QUALIA è il nucleo dell'emozione, è la qualità dell'emozione, è cognitivo ed emotivo allo stesso tempo.
  2. C'è una percezione e una prima valutazione.
  3. Si attivano le risposte fisiologiche (alterazione della frequenza cardiaca e respiratoria, della pressione sanguigna, della conduttività elettrica della pelle, la sudorazione, la tensione muscolare).
  4. Ci sono poi risposte motorie e di tipo espressivo.
  5. Segue l'elaborazione cognitiva più complessa, consapevole. Ci chiediamo "Cosa provo? Cosa accade? Cosa potrei fare?"

L'emozione è un processo che ha un inizio, una durata e una fase di attenuazione. Si differenzia dai sentimenti per la breve durata, la maggior intensità e un livello inferiore di consapevolezza.

Alcune emozioni hanno un'insorgenza rapida, a raffica, altre hanno un andamento ondulatorio.

Sono importanti nella nostra esistenza perché sono utili alla sopravvivenza, ci consentono di stare in contatto con noi stessi e di relazionarci con il mondo.

Sono stati energetici, se l'energia contenuta nelle emozioni non viene scaricata o è trattenuta si possono creare delle tensioni croniche (somatizzazioni).

E' necessario riuscire ad avere un buon funzionamento degli stati emotivi; una maggior consapevolezza dei propri vissuti e delle proprie emozioni consente una migliore qualità della vita, ad esempio se abbiamo un'insoddisfazione cronica questa rischia di permeare tutte le attività della nostra vita.

Quali emozioni?

Le emozioni si distinguono principalmente in piacevoli o spiacevoli.

Le emozioni sono legate a quatto istinti di base utili per la sopravvivenza: fame, fuga, territorio, sesso. A questi quattro istinti corrispondono quattro famiglie di emozioni.

Le emozioni legate alla fame sono: bisogno, desiderio, mancanza, dolore.

Le emozioni della fuga sono: paura, incertezza, sospetto, angoscia, terrore.

Le emozioni del territorio sono: trionfo come conquista e rabbia come difesa dal territorio.

Le emozioni legate al sesso sono: meraviglia, attrazione, piacere.

Quattro sono le emozioni fondamentali che si ritrovano in tutte le culture e le cui espressioni fisiognomiche sono universalmente riconosciute: gioia, tristezza, paura, rabbia.

Damasio ha aggiunto la noia e il disgusto.

La cultura gioca invece un ruolo nel modellare le emozioni secondarie.

Le emozioni possono essere connesse tra loro, per esempio dietro al dolore possiamo trovare spesso la rabbia e l'impotenza; dietro alla rabbia può esserci la paura di sentire dolore.

Ogni emozione ci comunica qualcosa di noi stessi.

  • Il dolore ci spinge a soddisfare dei bisogni.
  • La paura è un campanello d'allarme che ci avverte dell'esistenza di un pericolo, sarebbe utile non evitarla, non negarlama imparare a gestirla.
  • Quando si prova rabbia il corpo produce adrenalina, il corpo è fisiologicamente pronto a lottare, si può combattere per difendersi o per conquistare territorio, l'emozione allora è quella del trionfo.Le emozioni si sentono più intensamente se non vengono agite, l'espressione è lo strumento chiave per riuscire a gestirle, le persone devono imparare a dire quello che sentono, ad esplicitare.Per riuscire a gestire la paura è necessario trasformarla in rassicurazione; il dolore può essere gestitograzie alla capacità di consolarsi.Esistono due tipi di conoscenza quella conseguita attraverso il pensare e quella realizzata attraverso il sentire.

A cosa servono le emozioni?

Le emozioni sono segnali relazionali, noi comunichiamo anche e soprattutto attraverso il linguaggio non verbale; esse sono inoltre segnali che comunicano all'organismo bisogni e desideri, preparano l'organismo a rispondere alle varie situazioni della vita.

Tutti proviamo le emozioni, queste non sono né giuste né sbagliate; i comportamenti invece non sono tutti accettabili, alcuni sono disfunzionali per se stessi e nella relazione con gli altri.

Le emozioni possono essere negate, represse, ignorate, mascherate; ma questo comporta un gran dispendio di energia psichica e costi alti in termini di salute psicofisica.

Senza il libero accesso alle emozioni la vita si appiattisce, tutto diventa anonimo, ci si anestetizza di fronte alla vita, si perdono motivazione, interesse e voglia di fare.

Cosa fare di quello che si sente?

Tra il sentire l'emozione e il "fare" c'è il libero arbitrio, la scelta personale legata a come esprime il proprio sentire.

E' la modalità di gestione del vissuto personale, del proprio sentire che spinge una persona a muoversi in una direzione piuttosto che nell'altra. Le emozioni possono essere espresse, agite oppure possono diventare sintomi.

Galimberti afferma che l'emozione è principalmente relazionale, i primi anni di vita sono fondamentali per strutturare il carattere e per sperimentare modalità di espressione delle varie emozioni.

Le relazioni con gli altri sono permeate di emozioni, diventa quindi utile per la persona sviluppare la capacità di ascoltare ericonoscere le proprie ed altrui emozioni, affinare la capacità di esprimerle e di gestirle regolandone l'intensità, scegliendo tempi e modalità di espressione.

Dott.ssa Tiziana Giancola

Psicologa e Psicoterapeuta, Pontedera.

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Scritto da

Dott.ssa Tiziana Giancola, Psicologa - Psicoterapeuta della Gestalt

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