La fine del liceo come situazione di transizione o crisi

“L’adolescenza è un periodo di crisi” questo sconvolgimento è vero, profondo, a volte perfino grave, esso è però necessario e fruttuoso.

4 MAR 2016 · Tempo di lettura: min.
La fine del liceo come situazione di transizione o crisi

Generalmente, la situazione di crisi viene considerata un evento negativo, inusuale, che in un mondo ideale non dovrebbe esistere.

Crisi significa...

Ma l'etimologia della parola rivela che si tratta di una interpretazione riduttiva del concetto di crisi. Il termine deriva infatti dal greco krinein: decidere, giudicare; "crisi" significa pertanto occasione per scegliere, ovvero svolta in seguito alla quale avviene un cambiamento in meglio o in peggio.

Il concetto di crisi viene definito da diversi autori come uno stato temporaneo di turbamento e disorganizzazione, caratterizzato prevalentemente da un'inabilità dell'individuo a fronteggiare una particolare situazione con i suoi modi abituali di risoluzione dei problemi.

In questa condizione di temporaneo squilibrio e sospensione decisionale è insita una dimensione di sviluppo, di cambiamento e di scelta.

Due tipologie di crisi

In letteratura tradizionalmente si individuano due diverse tipologie di crisi: crisi prevedibili evocate da eventi normativi e crisi imprevedibili, legate ad eventi paranormativi, ovvero accidentali, inaspettati. Questa distinzione ha una valenza operativa oltre che teorica perché permette di differenziare forme distinte di intervento sulla crisi.

Tra le crisi prevedibili un'attenzione particolare va riservata alle crisi evolutive, ovvero legate alle diverse fasi del ciclo vitale e alla transizione verso ciascuna di esse, ad esempio l'ingresso nella scuola per un bambino e nel mondo del lavoro per un giovane adulto, il matrimonio, la nascita del primo figlio, il distacco di un figlio adolescente, il pensionamento.

La crisi, spesso percepita come evento negativo, in realtà dovrebbe essere ridefinita come un'occasione di svolta nell'esperienza individuale che può attivare sia un cambiamento in positivo che in negativo. In quanto esperienza di cambiamento comporta per il soggetto una minaccia per il proprio equilibrio psicologico e per l'identità acquisita, ma anche una potenziale occasione di sviluppo, un'opportunità di emancipazione e di ricostruzione di un nuovo e più soddisfacente stato di equilibrio psicologico, si dovrebbe perciò sottolineare il valore organizzatore della crisi adolescenziale.

Un processo in continua evoluzione

L'esperienza formativa e lavorativa di una persona può essere rappresentata come un processo in continua evoluzione, caratterizzato da una pluralità di eventi significativi che concorrono a determinarne l'andamento. Tali compiti di sviluppo si connotano come situazioni di transizione psicosociale e vengono descritte in ambito psicologico come eventi stressanti, tanto da rendere la persona più vulnerabile da un punto di vista psicologico proprio in rapporto al bisogno di riorganizzazione della propria esperienza di vita, e da comportare parziali esperienze di crisi e potenziali sentimenti di disagio psicologico.

Naturalmente il livello di intensità dello stress e il fronteggiamento positivo della situazione di transizione, variano da soggetto a soggetto in rapporto a fattori personali e a supporti sociali. La capacità di affrontare e gestire una situazione critica chiama in causa sia una componente emozionale, legata ai vissuti soggettivi dell'esperienza, sia una componente cognitiva, legata cioè all'adeguatezza degli schemi interpretativi che il soggetto ha a disposizione per interpretare una situazione inaspettata o diversa rispetto a quelle sperimentate fino a quel momento.

La situazione di transizione rappresenta quindi, un'esperienza critica, non di per sé negativa, ma con una fase temporanea di disorientamento e disorganizzazione psicologica, caratterizzata da una difficoltà per il soggetto a controllare le variabili emozionali legate all'impatto con il "nuovo".

Il passaggio dalla scuola all'università

Dunque, se ogni situazione di transizione rappresenta una potenziale fonte di stress psicosociale, in quanto comporta un cambiamento al quale la persona deve adattarsi, questo sembra ancor più vero nella tarda adolescenza, quando il passaggio dalla scuola all'università sembra scandire la necessità di un radicale mutamento nell'organizzazione di vita e di studio. Il cambiamento della struttura scolastica, del modo stesso di studiare e di apprendere, l'autoregolazione che viene richiesta nei tempi e nei ritmi di studio, la mancanza di un punto di riferimento stabile di appartenenza, quale era stata la classe, richiedono un processo di adattamento non sempre facile e di esito spesso incerto. Non è infrequente infatti che proprio in questi anni si verifichino difficoltà e crisi.

Acquisizioni e conoscenze nuove, promuovendo la crescita, mettono in discussione gli equilibri già raggiunti, rivelandone spesso la sotterranea precarietà; richiedono quindi flessibilità, disponibilità a staccarsi da ciò che è noto e familiare, apertura verso nuovi equilibri. Questo processo di continua ristrutturazione e trasformazione, che permette di passare dall'apprendimento alla crescita della personalità, cioè dal "conoscere all'essere", è possibile se vengono mantenuti comunque elementi interni dotati di stabilità e costanza, tali cioè da permettere alla personalità di restare integrata, pur nel mutamento. Lo sviluppo e la crescita sono accettati a patto che si possa anche ritornare frequentemente indietro per recuperare significative parti di sé ed intense esperienze emotive che fondano il senso di identità.

L'accesso agli studi universitari, sebbene nel nostro paese spesso non sia accompagnato da una separazione fisica dalla famiglia d'origine come avviene invece in altri paesi, segna ugualmente un radicale cambiamento nell'ambiente e nello stile di vita.

Alcuni autori collocano intorno ai 18 anni l'inizio di una seconda fase del processo di separazione adolescenziale. Più che il distacco fisico dai genitori sarebbero rilevanti, nell'attivare tali processi, le diffuse aspettative culturali di indipendenza e di progressiva autonomia di cui i giovani sono oggetto, insieme alla necessità di compiere scelte, più o meno definitive, che vadano delineando una crescente capacità di un duraturo "impegno" in nuovi rapporti oggettuali e rispetto ad un futuro inserimento professionale e lavorativo.

Gli anni dell'università segnano di solito, un importante ma graduale passaggio dalla fase finale dell'adolescenza alla prima età adulta. La complessità di questa transizione nelle nostre società è attestata sia dalla sua gradualità, che sembra andare incontro ad una crescente dilatazione dei tempi, sia dalla difficoltà nel dare significati più o meno precisi e soddisfacenti ad espressioni quali "età adulta" o "maturità". Si tratta in effetti di termini di uso comune ma di significato piuttosto vago e generico che risultano, in definitiva, assai poco concreti.

Lo sfalsamento dei tempi rispetto all'acquisizione della maturità biologica, intesa come acquisizione della capacità riproduttiva, fa si che quest'ultima abbia molto poco a che fare con la capacità dell'individuo di affrontare le esigenze sociali dell'età adulta nella società contemporanea.

Un complesso processo psico-socio-culturale

L'attenzione crescente indirizzata negli ultimi decenni allo studio dell'adolescenza e delle sue diverse fasi ha portato molti ricercatori a sottolineare come, soprattutto per quanto riguarda la sua terminazione, sia indispensabile tener conto di una molteplicità di fattori, non solo psicologici. La fine dell'adolescenza e l'ingresso nell'età adulta è infatti un complesso processo psico-socio-culturale, il cui approfondimento sembra richiedere un approccio multidisciplinare.

Si tratta almeno nella nostra società, di un arco di tempo abbastanza lungo per la maggior parte degli autori va dai 18 ai 23 o 25 anni e che può essere fortemente influenzato nella sua durata sia da fattori interni che da fattori esterni.

L'ampiezza di questo intervallo sta ad indicare sia una certa difficoltà nello stabilire periodizzazioni precise e ben definiti criteri differenziali tra una fase e l'altra del ciclo vitale, sia i lunghi tempi necessari per portare a compimento i processi psichici di consolidamento e di integrazione della personalità il cui travaglio, spesso silenzioso e del tutto interiore, dovrebbe condurre alla "maturità". Il prolungarsi di questi tempi insieme alla mancanza di modelli ben definiti e univoci dell'essere "adulto", contiene in sé sia la possibilità di un elevato grado di differenziazione e di individuazione della personalità, sia, contemporaneamente, un maggiore rischio di sviluppi devianti che sempre più spesso assumono, nelle nostre società, l'aspetto di una difficoltà ad uscire da questa lunga fase tardo o post adolescenziale.

La tarda adolescenza può diventare allora una sorta di interminabile viaggio durante il quale il giovane rischia di perdersi in percorsi tortuosi che elicitano, in lui ma anche in chi gli sta intorno, l'angoscia di rimanere alla fine bloccato.

Non è certo un caso che l'università diventi spesso il luogo, anche fisico, di questo "perdersi": certamente a ciò contribuiscono molte complesse ragioni, di cui alcune di carattere economico e sociale, altre invece più prettamente legate ad aspetti istituzionali che possono contribuire a rendere questi percorsi e questi luoghi pericolosamente simili a labirinti paludosi.

La metafora del viaggio iniziatico è stata da molti adoperata ad indicare le difficoltà e le prove che l'adolescente deve affrontare, anche in società come la nostra dove alla certezza dei riti di iniziazione e alle cerimonie di passaggio si è sostituita l'incertezza e l'ambiguità di una lenta transizione.

L'ultima fase dell'adolescenza, quella che appunto segna la transizione all'età adulta, nel suo essere, per così dire, la fase finale di questo lungo viaggio presenta tuttavia caratteristiche sue peculiari. Il tumulto della prima fase adolescenziale è ormai concluso e sembra aver lasciato spazio ad una maggiore tranquillità e solidità. Non si potrebbe però dire che tutti i processi siano ormai giunti a compimento. Gli anni dell'università, sia che si presentino ricchi di vorticose attività e iniziative, sia che trascorrano silenziosi nella noia e nell'immobilità più o meno apparente, possono essere vissuti come un'ulteriore fermata, un'ultima "moratoria" prima di una "vera" partenza.

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Scritto da

Dott.ssa Catia Parisi Sessuologa

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