La figura passivo-dipendente nelle relazioni affettive

In questo articolo verrà presa in considerazione e descritta una delle tipologie di dipendenza affettiva più comunemente riscontrabili nella quotidianità clinica.

5 LUG 2021 · Tempo di lettura: min.
La figura passivo-dipendente nelle relazioni affettive

Nella dipendenza affettiva, intesa in senso classico, l'altro viene ricercato come "regolatore unico del sé" (Lingiardi, cit., p. 71). Per la personalità dipendente il partner risulta essere essenziale al fine di lenire gli stati di ansia, per conservare la propria autostima ed il livello di fiducia in se stessi, ma saranno presenti anche sentimenti di rabbia e odio, divenendo il polo esclusivo sul quale poter fare confluire tutte le emozioni forti: motivo unico per esperire l'eccitamento e sentirsi vivi.

Il concetto della separazione, sia essa reale o anche solamente immaginata, sarà l'evento critico che metterà in luce la disfunzionalità della condizione dipendente: "è infatti soprattutto quando si trova a fronteggiare spinte verso la separazione che il soggetto risente del fallimento delle funzioni parentali e finisce per optare per soluzioni relazionali patologiche" (Borgioni, 2015).

La persona dipendente è preoccupata enormemente all'idea di esperire vissuti quali l'abbandono e la solitudine e, per cercare di evitarli, si mette al completo servizio dell'altro, fino a giungere a rinunciare sia ai propri bisogni che ai propri valori. Il rapporto sarà pertanto privo di reciprocità con ruoli molto rigidi: il dipendente vive costantemente alla ricerca di conferme, rassicurazioni e, pur di ottenerle, garantirà tutta la sua disponibilità verso il partner.

Rifacendoci a Fromm, è possibile affermare che il dipendente affettivo segue la massima: "ti amo perché ho bisogno di te", contrariamente a ciò che accade nell'amore maturo, dove prevale il principio opposto: "ho bisogno di te perché ti amo" (Fromm, 1956, trad. it. p. 48). Altro aspetto da tenere in considerazione è che per queste tipologie di persone potrà risultare alquanto complesso sostenere la possibilità di ricevere amore, supporto e sostegno, dal momento che non ha maturato sufficientemente l'esperienza di tali vissuti nel proprio passato ed in aggiunta, non sentendosi meritevole di attenzioni disinteressate, le giudicherà con molta diffidenza e con sospetto, metterà in dubbio la spontaneità della loro insorgenza se non le percepirà addirittura come inautentiche e false.

Infine, affidarsi ad un partner amorevole, potrebbe essere troppo pericoloso per una ragione ancora più radicale: ciò la esporrebbe al rischio della delusione e dell'abbandono e questo sarebbe un dolore troppo forte da sopportare. Nondimeno i bisogni di riconoscimento, di sostegno e di affetto, non ricevuti in misura adeguata o con la costanza necessaria durante lo sviluppo, la faranno sentire costantemente in debito. Il risultato di tutto ciò, sarà che per la persona dipendente il sentimento corrisposto non sarà mai giudicato come sufficiente pertanto continuerà a richiederlo in una forma lamentosa e passiva o, al contrario, più apertamente aggressivo (come vedremo successivamente).

Questo porterà, più o meno inesorabilmente, ad allontanare potenziali partner "sani", favorendo invece l'incontro con persone problematiche; non concedendosi quindi la possibilità di vivere relazioni "normali", andrà incontro ad un destino di deprivazione affettiva, all'interno di rapporti inadeguati e/o insoddisfacenti. Il sentimento che più fa figura nel passivo-dipendente è l'angoscia abbandonica dal momento che vive come totalizzante la minaccia di potersi ritrovare da solo, di essere lasciato, abbandonato a se stesso.

Egli si ritroverà nell'impossibilità di lasciarsi andare completamente nella relazione, perché parte di sé dovrà rimanere costantemente ipervigile e tesa, pronta a trovare le modalità più adatte per fronteggiare il pericolo della separazione. Questa difficoltà nel lasciarsi andare del tutto, verrà esperita anche nell'ambito intimo, della sessualità: visto, come appena detto, l'incapacità di sperimentare un vero abbandono, egli farà fatica a vivere appieno il piacere sessuale, non riuscendo a fondersi nell'esperienza orgasmica.

Prendendo spunto da quanto afferma Johnson (Johnson, 1994), più che ricercare un rapporto sessuale, il dipendente affettivo anela ad essere accarezzato e coccolato, vuole permanere in una fusionalità che annulli le differenze, ricerca una tenerezza priva di quegli aspetti aggressivo-volitivi che contrassegnano la sessualità matura; in sostanza, vuole essere amato come un bambino: "le donne spesso non raggiungono l'orgasmo e gli uomini spesso mostrano un'impoverita spinta sessuale o una spinta che scompare una volta superate le prime fasi seduttive del rapporto" (Johnson, 1994, tr. p. 139).

Nei dipendenti affettivi è solo un'utopia l'idea di potersi prendere cura di se stessi, fino in fondo e in prima persona, piuttosto aspetteranno che qualcun altro lo faccia al loro posto così da poter dedicare tutto il loro tempo alla cura del partner, accontentandosi delle poche attenzioni che verranno a lui destinate dal partner, di briciole e improbabili promesse nella speranza, il più delle volte infruttuosa, di essere ricambiati. La distorsione cognitiva del dipendente affettivo si caratterizza per un disquilibrio nella percezione di sé e dell'altro che lo porterà a vivere una evidente autosvalutazione e, al tempo stesso, una idealizzazione del partner.

Gli aspetti di sé idealizzati, che racchiudono le caratteristiche che il dipendente affettivo percepisce essere lontano dal possedere, ossia: fiducia, autonomia, sicurezza e capacità di autoaffermazione, vengono proiettati sul partner che, di conseguenza gli apparirà come perfetto e onnipotente. Come stiamo vedendo quindi, il soggetto in questione tenderà a mettersi a totale disposizione del proprio partner, annullandosi nel rapporto, alienando le proprie esigenze e bisogni ed arrivando ad adattarsi passivamente alle richieste e alle caratteristiche dell'altro, avendo però sempre una viva speranza di poter essere ricambiato: si tratterà molto spesso di un desiderio che non emergerà in superficie trovando espressioni chiare e dirette. In questi rapporti affettivi manchevoli di un soddisfacente livello di reciprocità, l'attesa sarà un elemento costante e la frustrazione che ne deriverà, sarà alimentata da una dispersione di energie che non trova mai un risarcimento adeguato.

Questa figura è stata abituata fin da bambino a coltivare la propria sensibilità interpersonale, riuscendo a provare molta empatia verso gli altri e ciò lo porterà ben presto ad identificare le modalità migliori per gratificare al meglio chi gli è vicino; la sua diviene presto una vita che tenderà ad essere al servizio degli altri: genitori, fratelli, amici, partner.

La poca stima di sé, lo porterà a sentire come impensabile il chiedere, o tanto più il pretendere attenzioni per sé; così egli correrà costantemente il pericolo di lasciarsi "vampirizzare" nei rapporti affettivi, restando senza risorse e profondamente arrabbiato. A tal proposito, è possibile riscontrare nei dipendenti affettivi sentimenti di rabbia profonda e pervasiva ed essa rappresenta l'altra faccia della loro accondiscendenza e disponibilità. Le mancanze, sempre presenti, nelle quali si trovano a vivere, li rendono decisamente affamati d'amore finendo per trasformarsi in una sorta di voracità: un vuoto che sarà quindi ricolmo solo di risentimento e di odio, che vorrebbe gridare al mondo il suo dolore ma che invece, non riuscendo ad esprimere il suo bisogno, tenderà a rimanere in silenzio ed aspettare all'infinito, continuando ad offrirsi all'altro mentre la sua rabbia continuerà cronicamente ad aumentare.

Riuscirà pertanto ad esprimere solo la forma passivo-aggressiva della sua sofferenza, la timida voce di una protesta impotente.

BIBLIOGRAFIA:

 

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Scritto da

Dott. Enrico Dal Prà

Bibliografia

  • Borgioni M. (2015). Dipendenza e contro-dipendenza affettiva. Roma: Alpes Italia.
  • Dal Prà E. (2021). Dall'amore malato all'amore curato: la psicoterapia della Gestalt nel trattamento delle dipendenze affettive (in press).
  • Fromm E. (1956). The art of loving. New York: Harper & Brothers. Trad. it.: "L'arte di amare", 1963 (prima edizione), Milano: Mondadori.
  • Johnson S. M. (1991). The symbiotic character, W. W. Norton & Company. Trad. it.: Il carattere simbiotico, 1994, Roma: Astrolabio.
  • Lingiardi V. (2005). "Personalità dipendente e dipendenza relazionale". In Le dipendenze patologiche (a cura di) Caretti V. & La Barbera D., Milano: Raffaello Cortina.

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