Il rifiuto della responsabilità: quando la psicoterapia non serve

Cosa significa essere responsabili?

18 GIU 2019 · Tempo di lettura: min.
Il rifiuto della responsabilità: quando la psicoterapia non serve

«La responsabilità significa riconoscere la paternità di un comportamento o di un avvenimento. Essere consapevoli della responsabilità significa essere consapevoli del creare il proprio sé, il proprio destino, le proprie situazioni difficili nella vita, i propri sentimenti e, se dovesse essere il caso, la propria sofferenza. Per il paziente che non accetta tale responsabilità, che persiste nel rimproverare agli altri (si tratti di altri individui o di altre forze) della propria disforia, non esiste nessuna possibile terapia».

Irvin Yalom (1980/2019), Psicoterapia esistenziale, Ed. Neri Pozza, p. 265.

Di solito noi psicologi scriviamo e parliamo descrivendo i criteri e le situazioni in cui un supporto psicologico o psicoterapeutico è utile, a volte necessario. Io in questo caso vorrei parlare brevemente di una condizione per la quale il supporto psicologico è inutile se non dannoso. A volte questa condizione si mostra in partenza e quindi, dopo anche un solo incontro, è bene che lo psicoterapeuta chiuda la relazione di aiuto. A volte mi è capitato, più spesso, di verificare la presenza di questa condizione nei coniugi o nei familiari di chi si rivolgeva a me.

Un caso clinico

Fabio (lo chiamerò così) viene in consulenza per il difficile rapporto con la moglie. Lui è impiegato amministrativo, lei è docente di inglese alle scuole superiori. Da qualche tempo sul rapporto inaridito tra loro si è inserita la presenza di una collega di Fabio che gli fa lusinghe che sono culminate in un bacio fugace tra i due. La moglie, che sembra avere un radar inconscio, come spesso le donne hanno, comincia a intuire qualcosa e dopo averlo sottoposto a continui interrogatori Fabio cede e racconta l’episodio. Da quel momento la vita matrimoniale dei due ha un crollo.

Lei si chiude in un atteggiamento risentito e colpevolizzante. Non c’è nulla da fare, lui è un traditore, niente può risolvere la situazione e rimane solamente una via di separazione che però non sa portare a termine. Lo costringe a dormire separatamente, lo colpevolizza di fronte al figlio adolescente, lo stigmatizza di fronte a parenti e conoscenti. Fabio è desolato e distrutto, cerca di spiegare che lo scivolone momentaneo non indica una di lui volontà di chiudere il rapporto, ma sarebbe disponibile a rivedere le cause di quanto successo e a rilanciare la loro relazione. La moglie però persiste in questo atteggiamento e nega ogni possibilità di consulenza di coppia. Anche Fabio molla la presa e dopo un anno vengo a sapere che i due si sono separati tristemente e senza possibilità di comprendere e integrare quanto avvenuto nelle loro esistenze personali.

Considerazioni finali

Questa vignetta clinica bene presenta il caso in cui una paziente attribuisce in modo rigido la responsabilità della sua condizione ad un altro, il marito in questo caso, e quindi non vi è alcuna possibilità di supporto psicologico perché precedentemente non vi è assunzione di responsabilità. Quanto mi accade è sempre anche solo in parte frutto dei miei comportamenti.

Attribuire tutto il male ad un’altra persona, ad un’altra entità, sia essa una malattia, la società oppure una divinità, rende l’uomo meno uomo, meno consapevole della propria condizione esistenziale di essere gettato nel mondo e chiamato ad essere costruttore della propria esistenza. Di fronte a tale errore esistenziale si può fare poco dal punto di vista psicologico. A volte il terapeuta, quando si incontra con questo muro, non può fare che il gesto estremo di dichiarare impossibile il supporto terapeutico nella speranza che questo NO possa suscitare, prima o poi, una revisione dell’atteggiamento di negazione della responsabilità da parte del presunto paziente.

Irvin Yalom (USA 1931, vivente) è uno dei miei autori preferiti. Psichiatra, psicoanalista, fautore dell’approccio “esistenziale” in psicoterapia, ha scritto molti libri in cui racconta le vicende della sua carriera terapeutica. E’ anche un grande romanziere e ha trattato le vite di tre grandi filosofi (Schopenhauer, Nietzsche e Spinoza) intrecciandole con le considerazioni terapeutiche.

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Scritto da

Dr. Paolo Ciotti

Il Dr. Paolo Ciotti è Psicologo Psicoterapeuta ad orientamento sistemico relazionale specializzato in terapia EMDR (livello Practitioner) e Ipnosi. Pone particolare attenzione ai temi esistenziali e spirituali nel ciclo di vita. Lavora con individui, coppie e famiglie. Riceve a Carate Brianza e Monza ed effettua consulenze online.

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