Genitorialità e disabilità: l'importanza per il genitore e per il figlio di ri-costruire un'immagine desiderante

Il rischio da un punto di vista psicologico sta nella negazione inconscia dell’immagine del figlio nel futuro. Come trasformare la ferita genitoriale in risorsa per sè e per il figlio?

6 APR 2016 · Tempo di lettura: min.
Genitorialità e disabilità: l'importanza per il genitore e per il figlio di ri-costruire un'immagine desiderante

Quando nasce un bambino e in realtà ancora molto prima che nasca nell'immaginario dei futuri genitori si creano forme, aspettative, desideri che cercano di evocare il futuro.

In Psicologia per descrivere questo fenomeno si parla di bambino reale e bambino desiderato intendendo che quest'ultimo sarà l'immagine che i genitori hanno cullato durante la gravidanza e andranno a confrontare automaticamente quando si troveranno a cullare il bambino in carne ed ossa.

Genitorialità e disabilità

Quando il figlio che nasce ha una disabilità mamma e papà si trovano a dover affrontare qualcosa di inaspettato, ignoto, qualcosa che nell'immaginario non si era creato, qualcosa che non avevano desiderato. Si trovano a contatto con un ignoto da conoscere, perché spesso non è visibile immediatamente che tipo di problema avrà il bambino: per loro l'attesa non finisce con la nascita ma si prolunga fino a quando nei momenti successivi più o meno brevi sarà possibile accertare e diagnosticare la problematica con la quale il figlio è nato.

Questa genitorialità ferita va sostenuta e aiutata nell'elaborazione della discrepanza tra il bambino reale e il bambino desiderato. Le reazioni affettive del padre possono essere le più svariate, dalla colpa, alla punizione, al fallimento, al tradimento e altrettante le emozioni complesse da gestire per la madre verosimilmente legate alla rabbia, alla paura, all'odio, all'invidia.

Le ferite emotive: reazioni paterne e materne

Reazioni al senso di colpa non elaborate con l'aiuto di uno Psicoterapeuta possono portare ad un investimento massiccio sul figlio ed a una conseguente ipercura che ostacolerà la formazione dei confini necessari alla crescita del figlio; d'altra parte la ferita narcisistica non elaborata in una relazione d'aiuto e in un contesto terapeutico può portare ad un evitamento del contatto con il figlio e ad uno spostamento dell'aggressività che si riverserà, ad esempio, sulla coppia rischiando di ledere ancora di più quegli equilibri propri al legame già messi a dura prova dall'esperienza vissuta.

Il rischio da un punto di vista psicologico sta nella negazione inconscia dell'immagine del figlio nel futuro: una negazione sia ideale a causa del fallimento del risarcimento narcisistico per mezzo del figlio e dell'interruzione o distorsione della narrazione sia materiale a causa e a seconda delle limitazioni psichiche e/o fisiche con cui convivrà.

Se non c'è elaborazione la simbiosi madre – bambino renderà difficile l'entrata del padre (Mannoni 1971) e favorirà un'alterazione del processo di separazione-individuazione nel bambino.

La figura paterna che già solitamente rimane sullo sfondo lasciando spazio al rapporto esclusivo madre-bambino nei periodi successivi alla nascita, in queste circostanze deve poter accedere a nuove risorse e deve essere sostenuto nel farsi spazio all'interno della relazione attraverso il contatto con la propria vulnerabilità.

Il potere dell'immagine desiderante

Compito dello Psicoterapeuta, e ancora prima dell'equipe di neonatologia, è quello di aiutare il padre per certi aspetti e la madre per altri a ri-costruire un'immagine desiderante verso il bambino come punto di partenza nella direzione di garantire al figlio due genitori che fanno il tifo perché cresca e sviluppi appieno tutte le sue potenzialità all'interno di una vita che riconosca e doni senso ai suoi sogni, ai suoi desideri e ai suoi progetti.

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Scritto da

Dott.ssa Imbrescia Rita

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