Che cos’è l’immagine di sé?

Chi sono e chi vorrei essere? Ce lo chiediamo spesso senza sapere rispondere a questa semplice domanda. Come mai è così difficile essere sé stessi?

14 AGO 2023 · Ultima modifica: 16 AGO 2023 · Tempo di lettura: min.
Che cos’è l’immagine di sé?

Ciascuno di noi fa esperienza di Sé quotidianamente nel momento in cui viene in contatto con il proprio mondo interiore, fatto di sensazioni, pensieri, emozioni, ma anche attraverso il rapporto con gli altri. È in questo modo che si forma la rappresentazione di Sé, ovvero l'immagine complessiva che abbiamo di noi stessi, di ciò che sappiamo del nostro Io e di come appare agli occhi degli altri. Essa viene costruita attraverso l'auto osservazione e il confronto sociale, risultando dunque un concetto in continua evoluzione durante tutto l'arco della vita che si collega in maniera diretta allo sviluppo dell'autostima.

L'immagine di sé corrisponde alla realtà?

Per farla breve sì, ma anche no. L'immagine di Sé non rappresenta una visione obiettiva, piuttosto si compone del punto di vista privilegiato che abbiamo di noi stessi e il feedback esterno, inteso come il complesso di aspettative, giudizi e comportamenti che gli altri agiscono nel rapporto con noi.

Non si tratta solo di questo, ma anche il modo in cui la persona descrive sé stessa e come si percepisce nelle diverse situazioni ambientali, al lavoro per esempio, ma anche dal punto di vista fisico, psicologico, sociale e spirituale. Ciò che consente al soggetto di esprimere sé stesso e costruire la propria identità è la possibilità di declinarsi in tutti questi ambiti della vita.

Esiste un ideale di Sé?

Fu lo psicologo Carl Rogers, padre della psicologia umanista, a puntare l'accento sulla distinzione tra Sé reale e Sé ideale. Il primo costituisce l'insieme delle conoscenze che abbiamo su noi stessi, su base osservativa, di ciò che diamo per certo e che comprende sia elementi positivi che negativi della nostra persona. Il secondo, il Sé ideale, è indicativo del tipo di persona che vorremmo essere, difatti costituisce un modello, rappresentato da tutte quelle caratteristiche che desideriamo possedere e alle quali cerchiamo di tendere nell'arco della vita.

Perché il divario tra i due sé fa stare male?

Uno dei bisogni dell'essere umano è quello di auoto-realizzazione, questo concetto introdotto da Abraham Maslow nella sua Teoria della Motivazione umana, e costituisce il livello più alto nella gerarchia dei bisogni che spingono l'uomo ad agire.

Nella Piramide dei Valori di Maslow il bisogno di crescita interiore è ciò che muove le persone a migliorarsi e a sviluppare il proprio potenziale.

Il tema della spinta motivazionale è stato poi ripreso da Rogers, il quale ha osservato come le persone siano intimamente guidate dalla tendenza ad attualizzare sé stesse ( la tendenza all'auto-attualizzazione è definita da Rogers come la "tendenza al completamento, all'attualizzazione, alla conservazione ed al miglioramento dell'organismo" ) e di come si sentano appagate quando riescono a ridurre il divario tra Sé percepito e Sé ideale.

Pretendere di aderire costantemente alla versione migliore di sé stessi non è sempre possibile, alle volte è necessario fare i conti con la propria fallibilità, senza che questo assolva dall'assumersi delle responsabilità, piuttosto l'errore dovrebbe rappresentare un'opportunità per comprendere qualcosa di più sul proprio modo di relazionarsi.

La distanza tra Sé reale e Sé ideale può essere estremamente ampia e, per quanti sforzi si cerchi di compiere, l'impressione è quella di non progredire in nessuna direzione, portando invece a sperimentare frustrazione, insoddisfazione e bassa autostima.

Come ridurre la distanza tra sé percepito e sé desiderato?

Più agiamo in linea con il sé ideale, più sentiamo di essere coerenti e vicini alla persona che desideriamo essere. Per riuscirci è necessario imparare a conoscersi e cercare di comprendere che cosa si è disposti a modificare del proprio comportamento.

Grazie al confronto con gli altri è possibile specchiarsi e diventare consapevoli degli aspetti della propria persona trascurati o ignorati, lo sguardo che rivolgiamo a noi stessi può rivelare anche aspetti dell'io che non graditi che facciamo fatica ad accettare.

Abbiamo già osservato come l'immagine di Sé cambi nel tempo, va aggiunto anche che non si tratta di una percezione monolitica, ma giunge a frammenti da molteplici angolature, sia interne che esterne, le quali hanno bisogno di essere ricomposte, e collocate in un disegno coerente, dotato di senso.

L'esperienza che facciamo di noi nei vari contesti deve essere quindi integrata in un'immagine globale, come in un puzzle, capace di restituire coerenza con la propria identità e il proprio sentire. I singoli frammenti non definiscono la propria persona, ma è nel quadro generale che acquistano significato.

Questo processo non termina mai e affinché si possa giungere all'integrazione di tutte le parti è necessario entrarvi in contatto, ossia dirigendo l'attenzione verso di sé, soffermandosi anche ai lati in ombra che vorremmo non vedere, mantenendo allo stesso tempo un atteggiamento non giudicante, e imparare ad accettare le proprie mancanze e i propri errori come parte del processo di crescita.

Bibliografia

  • "Il silenzio dell'onda" di Gianrico Carofiglio, Rizzoli, 2016
  • "Avere cura di sé" di Luigina Mortari, Raffaello Cortina Editore, 2019

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Scritto da

Dott. Leandro Gentili

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